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Firenze: poveri raddoppiati. Ma anche le forme d’aiuto   versione testuale
8 maggio 2020

Nessuno si salva da solo. Lo sanno molto bene alla Caritas diocesana di Firenze che, tramite l'hashtag #nessunosisalvadasolo, sta chiedendo a tutti di raccontare un momento in cui ha teso la mano verso i più deboli, anche compiendo un piccolo gesto. 
Ne è nata una campagna che raccoglie mail, foto e video, per documentare atti di solidarietà anche minimi, ma concreti. «L’idea – spiega il vicedirettore di Caritas Firenze, don Fabio Marella – è creare una sorta di racconto condiviso della solidarietà, per far capire che anche una piccola attenzione verso chi ha bisogno può fare la differenza. E che nessuno è davvero solo: basta chiedere aiuto».
Anche la Caritas diocesana di Firenze, come tante alte realtà del paese, si è ritrovata dalla sera alla mattina a dover fare i conti con la necessità di dover rimpiazzare lo “zoccolo duro” dei propri volontari, quelli collocati nella fascia tra i 60 e i 75 anni, costretti a casa dall’emergenza Covid-19. «Non è stato semplice – racconta don Fabio –, ma abbiamo deciso di dare continuità ai nostri servizi. Abbiamo lanciato un appello tramite il sito, i canali social e alcune televisioni locali: la risposta è stata qualcosa di straordinario. Più di 400 persone hanno offerto la propria disponibilità. Un'esperienza entusiasmante, ma complicata. La nostra idea è non lasciare fuori nessuno e ci siamo organizzati per rimanere in contatto con tutti, anche con chi non è stato ancora direttamente coinvolto nei nostri servizi, dandogli voce appunto con l’hashtag #nessunosisalvadasolo».
Una risposta eccezionale, ma non del tutto inaspettata. «Caritas è ben radicata nel territorio – continua don Fabio – e anche chi è lontano da noi (alcuni volontari arrivano da realtà sociali molto diverse) ci riconosce la capacità di essere vicini agli ultimi e agli emarginati garantendo assistenza, vicinanza e ascolto. Proprio dalla vicinanza e dall’ascolto dei bisogni delle persone arriva la capacità di sapersi adattare alle esigenze che cambiano. Un esempio per tutti: delle tre mense che gestivamo prima della pandemia, ne abbiamo lasciata aperta una sola, la più grande, in cui però cuciniamo 500-600 pasti al giorno, che vengono distribuiti a pranzo e cena in contenitori d'asporto, grazie all’aiuto di operatori e volontari, tra cui tanti cuochi che si sono ritrovati con i ristoranti chiusi».
 
Hanno riaperto 25 centri d’ascolto
Tra i tanti bisogni emergenti, pressanti si sono rivelati, sin dall’inizio, quelli alimentari, che trovano risposta, oltre che nella mensa, negli empori solidali e nella distribuzione pacchi. E poi c’è l’ascolto. «Nei primi giorni della pandemia – ricorda don Fabio – abbiamo dovuto chiudere tutti i centri di ascolto parrocchiali per riorganizzarci e garantire un servizio affidabile e sicuro dal punto di vista sanitario, sia per gli operatori sia per gli assistiti. Al momento hanno riaperto 25 centri parrocchiali che riescono, però, a garantire la copertura anche delle zone in cui il servizio non è potuto ripartire. Alle parrocchie si affianca il centro di ascolto diocesano, aperto tutti i giorni con due operatori fissi e volontari. I pacchi alimentari vengono preparati nelle parrocchie o nei centri di distribuzione che molti comuni hanno creato in accordo con noi, per essere portati direttamente a casa di chi ha bisogno ed evitare spostamenti non necessari». 
 
Centri d’accoglienza funzionanti
Più di 3 mila. Tanti sono i “nuovi poveri” sostenuti dalle Caritas diocesane della Toscana dal 10 marzo al 22 aprile: è il dato che emerge dal primo report di monitoraggio di Caritas Toscana su Emergenza Covid-19 e povertà. Si tratta di persone totalmente sconosciute alla rete dei servizi caritativi delle diocesi della regione prima della pandemia: il 91% in più degli individui seguiti in precedenza, un’utenza praticamente raddoppiata.
«Sono tantissime persone: oltre che di aiuto materiale, hanno bisogno di ascolto per difficoltà relazionali, familiari e di solitudine. Per rispondere a questa esigenza è nato “Ciao come stai. Pronto Caritas noi ti ascoltiamo”, un servizio attivo 7 giorni su 7 e garantito da 10 volontari, attenti a segnalare situazioni critiche o, semplicemente, a scambiare due chiacchiere con i tanti anziani che, quotidianamente, contattano i nostri numeri anche solo per scambiare due parole».
In tempo di emergenza, restano comunque aperti tutti gli altri servizi Caritas, come l’accoglienza alle persone senza dimora, e le comunità di accoglienza per donne, minori e rifugiati. «Il Piano freddo per i senza dimora – continua don Fabio –, progetto che garantiva un letto per la notte e la possibilità di lavarsi, è stato subito trasformato in centro di accoglienza. In accordo con il Comune gli ospiti possono restare tutto il giorno dentro la struttura, in compagnia di operatori e volontari, senza più essere costretti ad uscire al mattino. Lo stesso vale per tutte le altre comunità di accoglienza, in cui garantiamo la presenza costante di operatori qualificati e volontari».
 
Ragazzi “a casa con stile”
I minori, si sa, hanno sofferto e soffrono in modo particolare la “reclusione” imposta dal virus. L’attivazione di forme di didattica a distanza da parte delle scuole, per quanto importante, non riesce a soddisfare i loro bisogni di socialità e confronto. «Assieme a un gruppo di operatori – conclude don Fabio – abbiamo allora reinventato gli incontri che ogni anno teniamo nelle scuole, trasformandoli in momenti di confronto sul web con tutte le classi che avevano aderito ai nostri progetti. É nato cosi “Resto a casa con stile”, un form di 45 minuti in cui chiediamo ai ragazzi di raccontarci il loro vissuto quotidiano e le modalità con cui stanno vivendo la quarantena. Anche qui cerchiamo di ascoltare il più possibile e, nel caso, offrire un lessico capace di dar nome alle inquietudini che molti stanno vivendo. Ma non solo: abbiamo in programma anche l’attivazione di corsi di recupero e di assistenza ai compiti, grazie alla disponibilità di tanti insegnanti in pensione».
Restare a fianco dei più poveri ed essere capaci di rispondere ai nuovi bisogni. Sempre. Anche se questo significa dover cambiare in corsa modalità e strumenti. È la forza di Caritas. «La pandemia ci ha fatto riscoprire la bellezza del donarsi e dell’aiutare gli altri – conclude don Fabio –, dandoci anche la forza di cambiare modalità di interventi che fino a poco tempo fa ritenevamo difficilmente migliorabili. L’emergere di tanti nuovi bisogni ci chiama a una nuova e importante sfida, che potremo vincere se saremo uniti. Come comunità ecclesiale. E come comunità civile».
 
Ettore Sutti