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Grande opportunità, da consolidare   versione testuale
9 giugno 2020

Una grande opportunità. Non solo per i tanti stranieri che vivono nel nostro paese, ma per l’Italia stessa. La regolarizzazione dei lavoratori stranieri prevista dal cosiddetto Decreto Rilancio non è esente da limiti, incompletezze e problemi applicativi. Ma merita di essere accolta e attuata per dare certezza di vita, lavoro e diritti a molte persone straniere presenti da tempo nel nostro paese, e nello stesso tempo per dissipare molte delle ombre di irregolarità e sfruttamento che gravano su intere filiere produttive e diversi settori economici.
Già durante le prime settimane di chiusura forzata del paese e dell’economia, dovute all’epidemia da coronavirus, si era compresa la necessità di mettere in campo tutte le risorse e le idee necessarie per non far crollare interi sistemi, non ultimo quello della filiera agroalimentare. Il Covid-19, d’altronde, ha colpito in un periodo dell’anno nel quale l’intero comparto si preparava a garantire la raccolta e la lavorazione di prodotti della terra, che sarebbero poi finiti sulle tavole degli italiani e non solo. Come ogni anno questo sarebbe accaduto grazie al lavoro di migliaia di operai, principalmente stranieri, caratterizzati da una condizione di diffusa irregolarità.
Non è stato difficile, dunque, immaginare e proporre il varo di una procedura di emersione, considerata l’unica strada per regolarizzare lavoratori e datori di lavoro e al contempo per non mettere in ginocchio l’agricoltura italiana. Per questo motivo le realtà del terzo settore, tra cui Caritas Italiana, si sono immediatamente attivate, con una forte azione di advocacy verso il governo, affinché in uno dei vari decreti approvati nei mesi della crisi fosse inserita la previsione di una regolarizzazione.
La stima dei possibili beneficiari della misura, varata con il decreto legge 19 maggio 2020 n. 34, è di circa 200 mila lavoratori, considerando che non tutti i settori, purtroppo, ai sensi della proposta possono beneficiare di questa possibilità. È criticabile, in particolare, il fatto che sia rimasta fuori l’edilizia. Criticabile e paradossale: dopo l’approvazione del decreto Rilancio, che prevede sgravi per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica degli immobili, tale settore rischia di soffrire, nei prossimi mesi, per la mancanza di manodopera regolare. Ne conseguirà un ampio utilizzo di lavoratori irregolari: un’evidente, pesante lacuna del provvedimento.
 
Due percorsi, sino a metà luglio
La procedura di emersione del lavoro irregolare e di regolarizzazione della condizione giuridica dei cittadini stranieri presenti in Italia è stata da più parti definita una norma di civiltà, un punto di partenza importante e significativo anche per avviare processi di ricostruzione e di revisione delle leggi in materia di immigrazione, e con esse delle politiche migratorie italiane. Vedremo se sarà davvero così. Vediamo però intanto come funziona il provvedimento.
Dal 1° giugno al 15 luglio sarà possibile aderire alla procedura utilizzando due differenti percorsi. Con il primo, i datori di lavoro potranno concludere un contratto di lavoro subordinato, sanando un rapporto lavorativo in nero in corso, e sarà regolarizzata anche la condizione giuridica del lavoratore straniero, quando questi è già presente sul territorio nazionale ma è privo di permesso di soggiorno, o in possesso di un permesso breve o non convertibile. Con il secondo percorso, i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, né rinnovato né convertito, potranno richiedere direttamente un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di 6 mesi dalla presentazione dell’istanza, dimostrando di aver svolto in precedenza un’attività lavorativa seppure terminata in uno dei settori specificatamente indicati dal decreto e previsti per entrambi i percorsi individuati: agricoltura; allevamento e zootecnia; pesca e acquacoltura e attività connesse; assistenza alla persona.
Le istanze sono presentate previo pagamento di un contributo forfettario, stabilito nella misura di 500 euro per ciascun lavoratore nel caso di istanza presentata dal datore di lavoro, o di 130 euro per l’istanza presentata direttamente dai cittadini stranieri. Per l’istruttoria di ciascuno dei percorsi sono previsti organi differenti: nel caso della presentazione dell’istanza da parte del datore di lavoro la competenza sarà dello Sportello unico immigrazione, insieme a Ispettorato del lavoro e Questura; nel caso in cui la domanda viene presentata direttamente dal cittadino straniero, presso le Poste Italiane, la Questura avrà competenze in materia di verifica e valutazione dei requisiti. È inoltre previsto il pagamento di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, da determinarsi con decreto successivo.
I permessi di soggiorno rilasciati a seguito dei due percorsi potranno essere rinnovati. Il permesso di soggiorno temporaneo, in particolare, potrà essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro e solo dopo il rilascio di quest’ultimo si potrà procedere all’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi.
La presentazione dell’istanza non comporta l’automatica accettazione della domanda e il decreto stabilisce anche i casi di rigetto, tanto in presenza di irregolarità da parte del datore di lavoro quanto per casi specifici e relativi alla condotta del cittadino straniero lavoratore. In ogni caso, nelle more della definizione dei procedimenti, lo straniero non potrà essere espulso.
 
Dignità degli uomini, legalità del sistema
Sono già numerosi i quesiti e le osservazioni sul testo e nelle prossime settimane vi saranno certamente circolari ministeriali di chiarimento. Non solo. Il testo dovrà passare al vaglio del parlamento per l’approvazione. Questo potrebbe consentire, al termine del percorso parlamentare, di ottenere un testo modificato, più rispondente alle sollecitazioni delle tante organizzazioni che si occupano di immigrazione: i miglioramenti principali, ai quali anche Caritas auspica che si possa tendere, dovranno consentire di regolarizzare un numero maggiore di cittadini stranieri, anche ampliando il ventaglio dei settori interessati all’iniziativa, e permettere loro di mantenere la regolarità giuridica conquistata, rafforzando meccanismi tesi a conferire certezza allo status di regolarizzato.
Molte delle persone che usufruiranno della procedura di regolarizzazione vivono da anni nell’irregolarità e spesso per questo sono vittime della piaga dello sfruttamento lavorativo. Non possono vedersi riconosciuti i diritti che spettano a ogni essere umano e a ogni lavoratori in ogni paese che voglia dirsi civile; non possono nemmeno vivere con serenità alcune situazioni di vita ordinarie, come fare ritorno al proprio paese per incontrare i loro cari, o pensare di costruire con loro una nuova vita in Italia. Anche per queste ragioni, come detto, la nuova procedura di regolarizzazione è una grande opportunità. Da rendere ancora più estesa e facilmente fruibile, per superare pregiudizi ed equivoci che mortificano non solo la dignità di tanti uomini e donne, ma anche le prospettive di ripresa e sviluppo del paese nella legalità.
 
Caterina Boca
Oliviero Forti