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Risorse record, non sempre fruibili   versione testuale
11 novembre 2020

Il tempo della pandemia, in cui siamo ancora immersi, è drammaticamente singolare sia sotto il profilo sanitario ed economico, sia per la straordinaria entità di risorse stanziate dai governi di tutto il mondo per le spese sanitarie e per sostenere le persone colpite dalla crisi economica.
L’Italia non è stata da meno, su questo versante. Nei mesi di marzo e aprile il governo nazionale ha ingaggiato un’impari lotta contro il tempo per evitare che lo spettro di una recessione economica catastrofica si allungasse sul paese, lasciando strascichi duraturi. Con i decreti legge Cura Italia e Rilancio, tra aprile e maggio 2020, sono state messe a punto numerose misure per sostenere il reddito di famiglie e persone. Complessivamente, questi interventi hanno delineato una manovra espansiva senza precedenti: sono stati stanziati circa 36 miliardi di euro per il sostegno al reddito di lavoratori e famiglie (un importo inferiore solo alla Germania).
Proprio in quei mesi Caritas Italiana ha, per parte sua, contributo alla pressione esercitata nei confronti del decisore pubblico per l’introduzione di misure emergenziali, affinché «nessuno fosse lasciato indietro» durante la crisi e si mettessero a punto soluzioni per i lavoratori autonomi privi di tutele e per tutti coloro che rimanevano esclusi dalle altre forme di aiuto pubblico previste (Cassa integrazione, indennità di disoccupazione Naspi, ovvero l’indennità per i lavoratori subordinati che rimangono senza lavoro, e Dis-Coll, ovvero l’indennità per i lavoratori coordinati e continuativi). L’esito di questa azione è stata l’introduzione del Reddito di emergenza (Rem), seppure non con le caratteristiche auspicate, dal momento che è stata prevista la presentazione dell’Isee per poter fare domanda.
 
Rem senza Isee? Purtroppo no…
La proposta del Rem, così come l’aveva sostenuta Caritas, si inseriva all’interno di un pacchetto di proposte (Curare l’Italia di oggi, guardare all’Italia di domani) elaborato dal Forum Disuguaglianze Diversità insieme ad Asvis e al professor Cristiano Gori nel mese di marzo, che aveva lo scopo di integrare il pacchetto di misure inserite nel decreto Cura Italia. In aggiunta alla cassa integrazione e alla cassa integrazione in deroga previste dal governo, la proposta prevedeva due ulteriori misure: il Sea (Sostegno di emergenza per gli autonomi) e il Rem (Reddito di cittadinanza per l’emergenza) per i 6-7 milioni di lavoratori privati, tra cui i lavoratori a tempo determinato, che a scadenza di contratto si sarebbero ritrovati disoccupati e senza copertura (2-300 mila contrattisti a chiamata), i disoccupati che avevano esaurito la Naspi, gli inoccupati e i tre milioni di irregolari. Il Rem era pensato come una variante semplificata e alleggerita del Reddito di cittadinanza, con una procedura di accesso agile (senza la compilazione del modulo Isee) e la sospensione del vincolo del patrimonio immobiliare, previsto nel Reddito di cittadinanza, che è causa di molti mancati accessi alla misura. 
Il Rem poi introdotto nel decreto Rilancio ha invece previsto la presentazione dell’Isee, nonostante fosse stato segnalato ripetutamente dai soggetti promotori della campagna che l’urgenza della situazione richiedeva deroghe rispetto all’iter consueto di presentazione delle domande e l’Isee avrebbe rappresentato senz’altro un ostacolo per molti richiedenti, finendo con il favorire, come infatti poi è stato, gli interni al sistema di welfare, già dotati di Isee. A quel primo documento di marzo hanno quindi fatto seguito altri materiali, volti a sollecitare il governo e a sottoporre alla attenzione pubblica le opzioni sul campo non a danno dei più svantaggiati. 
 
Estendere la volontà di verifica
La pressione della società civile sul governo non si è esaurita con l’approvazione del Rem: considerate le (prevedibili e previste) difficoltà che le persone stavano incontrando nell’accesso alla misura per mancanza di adeguata informazione e supporto, Caritas Italiana ha richiesto una proroga del termine per la consegna delle domande, che è stato procrastinato effettivamente dal 30 giugno al 15 ottobre.
Le misure e gli interventi approvati sono comunque stati numerosissimi e di taglio diverso, con lo scopo di coprire la più ampia platea possibile di persone in difficoltà. Caritas Italiana ha avvertito la necessità di valutare la fruizione e l’impatto reali di queste misure. Caritas pubblica infatti annualmente un Rapporto di valutazione delle politiche di contrasto alla povertà, con approfondimenti sul funzionamento delle misure in atto, realizzati in particolare esaminando se le persone che si rivolgono alle Caritas ne usufruiscono e come le Caritas stesse armonizzano il sostegno pubblico con il supporto da esse fornito. Negli anni sono stati analizzati i processi di attuazione della misura del Sia – Sostegno all’inclusione attiva (Caritas Italiana, Dopo la crisi, costruire il welfare. Rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia), del Reddito di inclusione (Caritas Italiana, Povertà in attesa. Rapporto 2018 su povertà e politiche di contrasto, Maggioli, 2018) e, più recentemente, del Reddito di cittadinanza. Si trattava di estendere la volontà di verifica e gli strumenti di monitoraggio alla nuova misura.
Così, con due diverse rilevazioni (un questionario strutturato somministrato a 756 beneficiari di 16 Caritas diocesane e un focus group con i direttori di 14 Caritas diocesane) sono state analizzate le principali misure di sostegno alle persone in difficoltà economica, valutandone fruizione da parte dei percettori di servizi Caritas e impatto sulla loro condizione di vita: sotto la lente di ingrandimento sono finiti non solo il Reddito di emergenza, ma anche bonus lavoratori stagionali, bonus lavoratori flessibili, congedo parentale, bonus baby-sitter, indennità per lavoratori domestici.
 
Rem, l’orientamento fa la differenza
Il percorso di valutazione (sintetizzato nel più ampio Rapporto 2020 su povertà ed esclusione sociale in Italia) ha svelato che il Reddito di emergenza è stata la misura maggiormente richiesta dai nuclei intervistati (26%), ma anche quella meno ricevuta: nel caso del Rem, solo una domanda su tre è infatti stata accettata, mentre per le altre misure, come l’indennità per i lavoratori domestici e il bonus per i lavoratori stagionali, questo rapporto passa a 6 su 10.
Lo studio ha evidenziato che il Rem è stato percepito soprattutto da single e monogenitori con figli maggiorenni (50 e 80%), da soggetti con redditi fino a 800 euro (83%), in cui nessun membro lavorava (48%) e over 50 anni (48%). Lo strumento è stato considerato importante dal 43% delle Caritas per dare supporto alle famiglie. Soprattutto, ha fatto la differenza aver ricevuto il sostegno delle Caritas, in termini di informazione e orientamento sulle misure del governo: nel caso del Rem, aver ricevuto orientamento ha triplicato la possibilità di fare domanda e ha accresciuto di un sesto la possibilità di vederla accettata.
 
Quattro elementi critici
Il quadro delineato dai direttori delle Caritas che hanno partecipato al focus group, alla luce delle esperienze registrate nei territori, ha a sua volta messo in luce altri elementi di debolezza del pacchetto di misure emergenziali varate dal governo. Anzitutto, si è lamentata l’intempestività dei nuovi interventi, a cui si sono andati sommando i ritardi nella erogazione delle mensilità, soprattutto della Cassa integrazione in deroga. Dunque, anche nuclei che potevano essere considerati “coperti” dalla presenza di misure esistenti hanno finito con il popolare le fila di coloro che si sono improvvisamente trovati privi di un reddito sufficiente per far fronte all’interruzione o alla riduzione dell’attività lavorativa.
Altro elemento critico si è rivelata la “primazia” dell’elemento sanitario rispetto all’emergenza sociale ed economica che è poi esplosa: questa situazione ha fatto sì che, spinti dalla pressione delle incalzanti richieste di aiuto, siano stati i livelli territoriali (sia enti locali che soggetti del terzo settore) ad assumersi l’onere del supporto materiale ed economico immediato alle persone in difficoltà, per garantire i cosiddetti “diritti di emergenza”.
Anche la frammentazione e la scarsa chiarezza sulle caratteristiche delle singole misure, e sulle reciproche incompatibilità e la farraginosità delle procedure di accesso, hanno a volte scoraggiato gli aventi diritto dal presentare domanda.
Infine, è stata segnalata la scarsa attenzione da parte dei livelli istituzionali alla dimensione dell’informazione sulle misure; la campagna informativa istituzionale sul Rem, per esempio, è partita solo a metà luglio sui canali Rai, quando la misura era in vigore già da qualche settimana: ciò ha avuto dirette ripercussioni sull’operato delle Caritas diocesane, che sono state investite dell’onere di svolgere, in maniera sistematica e continuativa, azioni di informazione e orientamento sulle misure, non sempre potendo contare sul supporto di altre agenzie sul territorio (come per esempio comuni e Inps). Per fare fronte a ciò, Caritas Italiana ha supportato gli operatori delle Caritas diocesane realizzando, in maggio, un percorso di informazione-formazione, denominato Caritalia, sulle principali misure di sostegno al reddito in emergenza.
 
Cruciale la verifica
Ci si è dunque trovati di fronte, e siamo attualmente in presenza, di uno scenario composito e in costante evoluzione. In tale contesto, non bisogna dimenticare che stare accanto a chi è stato colpito dalla pandemia, perché ha perso il lavoro o perché vede ridursi le proprie entrate già basse, o perché già in difficoltà economica prima della esplosione della crisi, significa da una parte offrire un aiuto immediato, come le Caritas hanno fatto e continuano a fare, ma anche lavorare per rendere adeguate ed efficaci le politiche pubbliche.
Si comprende dunque quanto sia cruciale il lavoro di analisi e verifica del funzionamento effettivo delle misure: serve a garantire alle persone il giusto aiuto, e per tutto il tempo necessario.
 
Nunzia De Capite