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Lunedì 16 Novembre 2020
Due colpi in un anno, l’Albania vacilla   versione testuale
17 novembre 2020

Il popolo albanese è allenato da sempre alla resilienza, e abituato a emergenze e sconvolgimenti. Però quanto accaduto nell’ultimo anno, con il terribile uno-due sganciato da terremoto prima e pandemia poi, sta lasciando un duro segno sulla popolazione. In particolare sulle fasce deboli.
In un anno può cambiare tutto. Questo è l’insegnamento che gli ultimi 12 mesi hanno lasciato al popolo albanese. Se si potesse fare un salto nel passato, si vedrebbe che in questo periodo, un anno fa, il Consiglio europeo aveva finalmente riaperto i negoziati per l’ammissione di Albania e Repubblica della Macedonia del Nord nell’Ue, portando un vento di speranza e fiducia nel Paese delle Aquile. Sul piano economico, la stima di crescita del Pil era analogamente incoraggiante: sfiorava il 3%, con una previsione di crescita ulteriore per il biennio 2020-’21 del 3,5%. E nonostante le forti tensioni politiche, il paese era reduce dall’aver compiuto notevoli progressi in alcuni settori chiave, quali la riforma giudiziaria e la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata.
Ovviamente, sarebbe miope sostenere che un anno fa tutto andasse bene. Ma sicuramente si stavano gettando le basi per un effettivo consolidamento economico, politico e di conseguenza sociale. Ma poi è arrivata la notte del 26 novembre 2019. E con essa, una devastante scossa di terremoto di magnitudo 6,5. L’epicentro, proprio nel cuore economico e pulsante del paese, ovvero tra le due città più popolose di Albania, Tirana e Durazzo.
 
Una profonda cicatrice
Il terremoto è stato un evento di straordinaria capacità di distruzione, per intensità e durata. Ha causato la morte di 51 persone e il ferimento di 3 mila, e ha lasciato migliaia di famiglie senza casa. Ma il sisma ha impresso anche una profonda cicatrice in un tessuto sociale ed economico molto debole, soprattutto nelle aree rurali più vicine all’epicentro.
Caritas Albania, nel contesto di distruzione generato dal sisma, ha subito attivato la propria rete, provvedendo sia a fornire aiuti (distribuzione di cibo e beni di prima necessità agli sfollati, in particolare a Durazzo, Lac e Thumane, epicentro del sisma, a Lezhe e in numerosi altri villaggi), sia a svolgere un’attività di monitoraggio circa i danni e i problemi derivati dalla scossa, soprattutto in villaggi difficili da raggiungere, dove perfino le autorità non erano riuscite ad arrivare.
Lo sforzo di Caritas Albania e della rete della Chiesa cattolica nel paese sin dagli inizi è mirato a realizzare un intervento concreto, che manifesti una presenza costante e provi a ricreare un clima di fiducia reciproca e ricostruzione delle comunità. Così, Caritas Albania non si è limitata semplicemente alle attività emergenziali, nei giorni e nelle settimane successivi al sisma, ma il suo intervento si è poi allargato alle attività di ricostruzione, riparazione, animazione sociale, supporto psicologico ed educazione della popolazione ai rischi di un terremoto. Collegati con questi interventi, sono stati finanziati anche 8 progetti di ong e congregazioni Italiane che operano nell’area, al fine di continuare a supportare la popolazione con una visione di medio-lungo termine.
In termini quantitativi, gli interventi di ricostruzione hanno riguardato le abitazioni di 33 famiglie individuate dalle Caritas diocesane albanesi; sono stati forniti supporto psicologico e attività di animazione a 1.200 persone; sono stati distribuiti generi alimentari e beni di prima necessità a 400 famiglie; è stato fornito sostegno economico a 334 famiglie; sono state organizzate iniziative informative sul tema della Disaster risk reduction che hanno interessato 1.011 persone. In totale, gli interventi hanno raggiunto 450 famiglie e 5.408 beneficiari.
 
Organizzazioni sociali in affanno
Purtroppo, come se non bastasse la devastazione del sisma, anche l’Albania è stata – ed è – travolta dalla pandemia da Covid 19, ulteriore fattore di crisi in una situazione socio-economica già altamente problematica.
Dopo un anno dal sisma, peraltro, si corre il rischio che la pandemia da Covid-19 vada a coprire i problemi mai risolti legati al terremoto. Si ha come la sensazione che con la pandemia i due problemi si siano sovrapposti, con il pericolo di vedere e intervenire sul più evidente ed eclatante, il Covid, tralasciando il precedente ma non meno rilevante, ovvero il terremoto. A pagarne il prezzo più alto sono le famiglie, sempre più numerose, che vivono in uno stato di povertà, le persone con disabilità e i giovani che massicciamente stanno abbandonando il paese.
Come in Europa e nel resto del mondo, nel 2020 anche i paesi del sud-est d’Europa, inclusa l’Albania, sono destinati a subire recessioni, la cui entità dipenderà dalla durata della pandemia. Da metà ottobre, ormai, la crescita dei casi è esponenziale e il fragile sistema sanitario albanese è sotto pressione. Sul fronte economico e sociale, la combinazione degli effetti del terremoto e la chiusura forzata imposta dal Covid-19 a numerose attività hanno messo l’economia albanese in grande difficoltà. Ciò si riflette sui dati macroeconomici (il Prodotto interno lordo del paese ha subito una contrazione dell'8,8% nel secondo trimestre del 2020) e su alcuni rilevanti comparti (commercio, trasporti, alloggi e ristorazione, ma anche attività professionali e amministrative).
Ma anche l’impatto sulla rete Caritas e sulle organizzazioni della società civile, che nel paese costituiscono la prima linea dei servizi socio-assistenziali, è stato molto pesante. Secondo un analisi condotta da Caritas Albania, nel paese le organizzazioni sociali sono state influenzate negativamente dal Covid-19 riguardo sia ai loro livelli di finanziamento, sia al loro modo di fornire servizi, sia alle loro operazioni interne. Così, spesso i loro operatori non ricevono più regolari stipendi, e di conseguenza le comunità in cui operano ne risentono pesantemente: la maggior parte dei servizi è sospesa, anche se in modo asimmetrico, a seconda dei settori e dello stadio di diffusione del virus nel paese e nelle singole regioni.
 
Letterale mancanza di cibo
Il problema è serio. La maggior parte dei progetti delle organizzazioni di società civile sono stati accantonati o rinviati, pochissime organizzazioni sono state incluse nelle misure pubbliche di sostegno finanziario e la forte limitazione del movimento ha bloccato i mercati e i servizi promossi. Anche per questo motivo, la crisi determinata dal Covid-19 ha determinato l’ampliamento dell’area della povertà nel paese, completando in un certo senso l’opera avviata dal terremoto.
Lo stato di privazione riguarda un gran numero di bambini e famiglie vulnerabili, molti dei quali soffrono letteralmente una mancanza di cibo. L’accesso ai servizi di base (cure e assistenza sociale, istruzione, sostegno psicologico, consulenze e riabilitazione) è fortemente limitato o completamente interdetto per un numero significativo di disabili e di appartenenti ad altre categorie vulnerabili (persone senza dimora, richiedenti asilo, bambini con bisogni speciali, bambini senza cure parentali, ecc.).
L’epidemia di Covid-19 ha inoltre accresciuto in modo significativo l’esposizione di donne e bambini alla violenza domestica, a causa dell’isolamento prolungato e delle condizioni di vita improprie, e anche alla violenza on line. Invece, si verifica un crescente divario nell’accesso all’istruzione per i bambini con disabilità, i bambini provenienti da famiglie vulnerabili, i bambini senza cure parentali e i bambini residenti nelle aree rurali e nelle aree urbane emarginate, a causa dell’accesso limitato a internet e della indisponibilità di dispositivi adeguati. 

Ettore Fusaro, Lorenzo Leonardi e Anxhela Zeneli