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Lunedì 23 Novembre 2020
Grecia, il Covid riapre gli incubi   versione testuale
24 novembre 2020

La Grecia, considerata la culla del pensiero occidentale e la patria antica della filosofia e della politica, da secoli ormai ha smarrito ogni ambizione da faro di civiltà. Il suo presente è ancora più mesto, punteggiato da svariate difficoltà sui versanti economico, sociale e migratorio, che continuano a tormentarla, nonostante sia ormai passato un decennio dai giorni in cui il paese rischiava il default.
La crisi economica e del debito pubblico, esplosa nel 2009, ha costretto il paese ad affrontare una lunga recessione durata 8 anni, fino al 2017. Le misure di austerità imposte da istituzioni internazionali e Unione europea, necessarie a ripagare l’enorme debito pubblico, hanno prodotto una considerevole diminuzione della spesa pubblica e un aumento delle diseguaglianze tra ricchi e poveri. Gli effetti peggiori si sono registrati sul versante della disoccupazione, aumentata fino a raggiungere livelli drammatici. La riduzione dei salari ha inoltre condotto a una diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie e a un loro generale impoverimento. Ad oggi, la Grecia ha pagato soltanto una parte del proprio debito pubblico, circa 42 miliardi di euro, ed è previsto che il percorso non terminerà prima del 2060.
 
Regressione del turismo
L’economia greca ha mostrato i primi segnali di miglioramento soltanto nel 2017, quando ha registrato una lieve crescita. Negli ultimi anni, grazie a un miglior controllo della spesa pubblica e all’introduzione di una serie di riforme nei mercati produttivi e in quello del lavoro, anche le agenzie di rating hanno riconosciuto gli sforzi della Grecia, che ha così potuto ricostruire la sua credibilità fiscale, tornando anche sul mercato delle obbligazioni con discreto successo. Nel 2019 si è registrato per la prima volta, dall’inizio della crisi, un aumento del salario minimo, mantenendo stabile il livello occupazionale.
I segnali positivi degli ultimi anni sono stati interrotti dallo scoppio della pandemia causata dal virus Sars-Cov-2. Prima dell’emergenza sanitaria, l’economia greca si era giovata di un periodo di crescita durato circa tre anni, con tassi di crescita medi annuali che si aggiravano intorno al 2%. Nonostante la Grecia paia aver risposto in maniera positiva al contenimento della diffusione del contagio, le restrizioni che le autorità pubbliche hanno dovuto introdurre hanno determinato un’inevitabile frenata della crescita economica. Tali misure, unite all’incertezza, hanno prodotto un’importante regressione della domanda turistica, un calo nella produzione e una diminuzione dell’occupazione.
Il governo ha risposto con interventi volti a rafforzare il sistema sanitario e a supportare i sistemi più colpiti, come quello del turismo, e con un programma di riforme ambizioso per rilanciare crescita e investimenti. Tuttavia, queste e altri recenti progressi, come la digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, non hanno portato ai risultati sperati, tanto che il sistema produttivo continua a dipendere in larga misura da settori tradizionali e a bassa innovazione. A ciò vanno aggiunti la scarsa efficienza di un sistema burocratico comunque farraginoso, l’introduzione di elevati oneri fiscali e la zavorra costituita da un sistema giudiziario lento: tutto ciò scoraggia gli investimenti nazionali ed esteri, e impedisce alle imprese di prosperare e all’economia di progredire.
Così, lo shock prodotto dalla pandemia rischia di causare importanti danni al mercato del lavoro. Nonostante il tasso di occupazione abbia registrato un leggero aumentato negli ultimi sei anni, rimane ancora uno dei più bassi tra quelli dei paesi Ue, e infatti sono molti i giovani che non riescono a trovare un’occupazione. La mancanza di prospettive per il futuro, insieme a un livello dei salari che si presenta ancora troppo basso, hanno spinto e spingono molti giovani di talento a emigrare. È chiara la necessità di ridurre gli squilibri generazionali presenti nel sistema sociale, perché sono i giovani a subire tassi di povertà e di deprivazione materiale ancora troppo alti. La soluzione può essere data da una modernizzazione del welfare, attraverso la promozione e l’implementazione di programmi più efficaci di lotta alla povertà, alle diseguaglianze e all’esclusione sociale. Appare necessario che il governo ripensi le misure adottate finora per sostenere redditi e imprese, con l’obiettivo non solo di aumentare la crescita produttiva, ma soprattutto di implementare una crescita inclusiva, al fine di accelerare nuovamente la ripresa, innalzare il tenore di vita e ridurre gli effetti negativi prodotti dalle crisi sanitaria e demografica.
 
Nuova stagione di blocco
La pandemia rende le prospettive a breve termine molto incerte. Il monitoraggio sulla sua evoluzione rimane fondamentale per capire quali effetti socio-economici potrebbe produrre. Lo scoglio principale rimane l’incertezza causata dal nuovo lockdown generalizzato, introdotto nella giornata di giovedì 5 novembre e previsto fino alla fine del mese, e dagli effetti che determinerà sull’economia nazionale.
A poco erano servite le misure di contenimento attuate, sino a fine ottobre, attraverso una divisione della Grecia in zone gialle e rosse a seconda del livello di allerta e del numero dei casi registrato nelle diverse aree. Così, da novembre, il governo greco ha ritenuto opportuno ritornare a una situazione simile a quella attuata lo scorso marzo, con tutti i centri commerciali e i negozi al dettaglio chiusi, ad eccezione dei supermercati, delle farmacie e di altri negozi che vendono beni di prima necessità, i quali continuano a svolgere regolarmente le loro attività. L’unica differenza tra questo nuovo lockdown e quello di marzo è che bar e ristoranti possono effettuare servizi d’asporto e consegne a domicilio. Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha promesso che per tutti coloro a cui verrà sospeso il contratto saranno garantiti 800 euro a inizio dicembre, mentre a coloro che sono disoccupati di lunga durata spetteranno 400 euro.
 
L’impegno della Caritas
Accanto alla crisi economica, la Grecia è stata costretta ad affrontare anche l’emergenza migratoria esplosa nel 2015, che ha minato ulteriormente la stabilità economico-sociale del paese. L’emergenza è tutt’ora in corso, nonostante i numerosi accordi che l’Ue ha siglato con la Turchia, volti a interrompere il flusso di migranti che continua ad arrivare sulle coste greche. La situazione rimane particolarmente complessa. Sono ormai note le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui numerosi migranti, rifugiati e richiedenti asilo sono costretti a vivere nel campo di Kara Tepe, sull’isola di Lesbo, ampliato in seguito all’incendio che ha distrutto il campo di Moria. Negli ultimi mesi si è registrato anche un cambiamento nel modus operandi del governo nei confronti delle organizzazioni impegnate nel sociale. Lo scorso luglio sono state introdotte nuove regole, che impongono alle organizzazioni non governative che operano al fianco dei migranti di effettuare una nuova registrazione, suddivisa in due fasi: una prima di approvazione e una seconda di valutazione. A molte ong che hanno fallito l’accesso alla prima fase è stato chiesto di cessare le operazioni. L’obiettivo dichiarato dal governo è rendere la Grecia meno attraente per i migranti.
Nonostante la realtà greca abbia fatto registrare importanti cambiamenti nel corso degli ultimi anni, l’impegno Caritas resta comunque costante, grazie alle diverse realtà radicate nel territorio, a cominciare dall’organismo nazionale, Caritas Hellas, cui si affiancano gli organismi diocesani Caritas Tinos e Caritas Athens. L’operato svolto da Caritas si rinnova di anno in anno, attraverso l’attuazione di numerosi progetti, volti a migliorare le situazioni di criticità presentate dal territorio. La rete Caritas può contare sulla collaborazione con numerosi partner locali, con altre organizzazioni che operano nel sociale, con le autorità locali e le parrocchie diffuse nel paese.

Carmine Carinci