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Lunedì 22 Dicembre 2014
Tsunami, dieci anni dopo: i frutti dell'intervento Caritas   versione testuale

Sono passati dieci anni da quella terribile mattina del 26 dicembre 2004, quando l’onda provocata da uno dei più forti terremoti della storia trascinò con sé centinaia di migliaia di vite umane in Asia e in Oceania. Tra i paesi colpiti, il numero maggiore delle vittime si verificarono in Indonesia, con 173.000 morti accertati, seguito dallo Sri Lanka con 35 mila vittime, dall’India con più di 10.000, e dalla Thailandia con più di 5000 vittime. Perdite di vite umane si verificarono in altri 9 paesi.
 
L’intervento della Caritas in risposta al maremoto dell’Oceano Indiano del 2004 è stato imponente ed ha toccato tutti i paesi raggiunti dallo Tsunami (vai al Report a 10 anni dallo tsunami).
Caritas Italiana ha partecipato allo sforzo collettivo con le risorse provenienti dalla più grande raccolta fonti della propria storia: quasi 37 milioni di Euro che sono stati impiegati da subito nelle attività di prima emergenza, e poi distribuiti nell’arco di un decennio ad accompagnare processi di cambiamento e sviluppo (vedi tabella interventi).
 
Alla commemorazione ufficiale per il decennale che si è tenuta a Colombo (Sri Lanka)  dal 2 al 5 dicembre 2014 ha partecipato Caritas Internationalis e una delegazione di Caritas Italiana insieme a operatori diocesani (vedi la testimonianza di Giusy Venuti, Caritas Puglia).

I paesi toccati dall’intervento di Caritas Italiana sono stati quelli maggiormente colpiti dallo Tsunami, ed in particolare lo Sri Lanka, che viveva in quegli stessi anni il doloroso conflitto interno tra il governo e le Tigri Tamil, e l’India.
Le risorse impiegate in Indonesia si sono concentrate largamente nell’isola di Nias (Nord Sumatra) colpita dallo Tsunami e poi ancora da un terribile terremoto solo pochi mesi dopo (marzo 2005): la mattina del giorno dopo Pasqua nel marzo 2005, uno dei terremoti più forti degli ultimi decenni nella zona ha abbattuto l’80% delle case dell’isola. “Le comunità di Sirombu, sulla costa orientale di Nias, sono state messe a dura prova – racconta padre Mikael, direttore delle Caritas diocesana locale di Sibolga –. Avevamo pronto il materiale per cominciare a ricostruire le loro case perse per lo Tsunami, ma il terremoto ci ha fatto cambiare i nostri piani: tutto è stato più difficile, ma grazie alla forza di quelle comunità e alla caparbietà dei nostri operatori ce l’abbiamo fatta”. Nei tre anni successivi la ricostruzione è terminata e Caritas Sibolga si è concentrata sulle attività di sviluppo su tutta Nias. Sono state organizzati corsi per i contadini per migliorare la produzione dell’albero della gomma, corsi di meccanica, informatica, parrucchiere, inglese per i giovani che hanno lasciato la scuola e attività di prestiti di microfinanza per aiutare coltivatori e piccoli commercianti ad uscire dalla spirale degli strozzini e avere guadagni piu’ dignitosi. “Nias è migliorata in questi anni – continua padre Mikael –. Noi ci siamo concentrati, grazie ai fondi ricevuti per lo Tsunami, a dare strumenti di crescita ai tanti giovani che prima non avevano molta speranza in quest’isola povera e sempre dimenticata dal governo indonesiano. Il nostro lavoro non si ferma adesso. Continuiamo perchè non vogliamo disperdere tutte le cose buone venute dopo la doppia disgrazia di 10 anni fa. Questo è il ruolo della Caritas”.

Le attività in Thailandia e Myanmar sono state meno sostanziose sul piano quantitativo, ma estremamente importanti sul piano qualitativo, per il ruolo di supporto alle iniziative dell’intera rete Caritas, ed in sostegno dei processi di rafforzamento delle Caritas locali.
 
Significativo anche l’intervento alle Maldive, paese che ha subito poche vittime ma danni estremamente ingenti: un intervento condotto, in assenza di qualsiasi riferimento Caritas nel paese, in diretta relazione con le strutture del Governo locale.