Home Page » Attivita' » Progetti » Italia » SIA_Sostegno Inclusione Attiva. Che cosa fare 
HELP DESK (area riservata Caritas diocesane)
 
Materiali:
Articolo C. Gori e F. Marsico (Italia Caritas, Settembre 2016 - .pdf)
 
Alleanza contro la povertà:
Martedì 18 Ottobre 2016
SIA_Sostegno Inclusione Attiva. Che cosa fare   versione testuale

A partire dal 2016 nel nostro paese si sta profilando concretamente la possibilità di un diverso modo di intendere la lotta alla povertà. In questo senso si colloca anche l'impegno di Caritas Italiana nell'Alleanza contro la povertà, che ha portato il 14 aprile 2017 alla firma di un importante memorandum con il Governo.
La Legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 28 dicembre 2015; commi 386-390), ha infatti previsto per la prima volta stanziamenti strutturali in tema di contrasto alla povertà, superando la logica delle sperimentazioni e degli interventi una tantum degli ultimi anni.
 
Per la prima volta il Governo ha introdotto una misura di contrasto alla povertà indirizzata alle famiglie in difficoltà con figli che beneficeranno di risorse economiche e reti di sostegno per costruire percorsi di attivazione sociale e lavorativa. Si tratta del SIA (Sostegno all’Inclusione Attiva), approvato con decreto interministeriale il 26 maggio scorso (.pdf) e per il quale sono stati stanziati 750 milioni di euro ripartiti a livello regionale in base alle condizioni di povertà e disagio economico della popolazione in ogni singola area (vedi tabella regioni - .pdf).
 
Che cos’è il SIA
Come per la sperimentazione della Nuova Social Card, questa misura prevede l’erogazione a famiglie in condizioni disagiate con un minore o un figlio disabile o con una donna in gravidanza accertata, di un contributo economico condizionato all’adesione ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa. Per accedere al SIA è necessario rispondere ad alcuni requisiti:
  • cittadinanza italiana, comunitaria o straniera con alcuni requisiti (essere familiari di cittadini comunitari con diritto di soggiorno o diritto di soggiorno permanente, oppure stranieri con permesso CE di lungo periodo);
  • residenza in Italia da almeno due anni;
  • presenza nel nucleo di un minore o di un disabile e di un suo genitore o di una donna in gravidanza accertata;
  • ISEE del nucleo pari o inferiore a 3.000 euro;
  • valore complessivo degli altri trattamenti (previdenziali, indennitari, assistenziali) inferiore a 600 euro mensili;
  • non percezione di sostegni al reddito per i disoccupati (NASPI e ASDI);
  • mancato possesso di autoveicoli immatricolati nei dodici mesi precedenti alla presentazione della domanda oppure di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.300 cc o di motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc immatricolati nei tre anni precedenti.
A caratterizzare il SIA è il fatto che esso preveda, attraverso la costituzione di équipe multidisciplinari (costituite da una pluralità di soggetti sociali, tra cui il terzo settore):
  1. una valutazione multidimensionale del bisogno;
  2. una pianificazione concertata dell’intervento di accompagnamento con progetti personalizzati;
  3. l’attivazione di un sistema coordinato di interventi e servizi sociali.
Le modalità attraverso cui realizzare i progetti personalizzati di accompagnamento sono precisate nelle Linee guida per il Sostegno per l’inclusione attiva (.pdf), approvate dalla Conferenza unificata e diffuse nello scorso febbraio dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (sintesi .ppt).
 
Come funziona il SIA
Dal 2 settembre i cittadini in possesso dei requisiti possono presentare richiesta ai Comuni, compilando l’apposito modulo scaricabile sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (messaggio n. 3275 - .pdf). I Comuni, dopo aver effettuato la verifica sul requisito della residenza, provvederanno a comunicare entro 15 giorni all’Inps, che è il soggetto attuatore, le richieste pervenute. L’Inps darà comunicazione ai Comuni per via telematica dell’elenco dei nuclei che rispondono ai requisiti e che riceveranno il contributo loro spettante a partire dal primo bimestre successivo a quello di presentazione della richiesta. Il contributo, calibrato in base alla numerosità del nucleo, viene accreditato per un anno con cadenza bimestrale sulla carta SIA rilasciata dal gestore del servizio, Poste Italiane (tabella importi - .pdf). Entro 60 giorni dall’accreditamento del contributo del primo bimestre (entro 90 giorni per le richieste pervenute fino al 31 ottobre 2016), i Comuni dovranno predisporre, attraverso la costituzione di equipe multidisciplinari e in accordo con i nuclei beneficiari, dei progetti personalizzati di attivazione sociale e lavorativa che i nuclei beneficiari sono chiamati a seguire, pena la sospensione del contributo economico.
 
Sul versante dei Comuni, il decreto n. 229/2016 del 3 agosto 2016 ha stabilito, con l’Avviso pubblico N.3/2016, che questi possono accedere alle risorse assegnate alle Regioni nell’ambito del PON Inclusione finanziato dai Fondi Sociali Europei (quasi 500 milioni di euro), presentando entro il 30 dicembre 2016, progetti finalizzati a:
  • il rafforzamento dei servizi sociali;
  • interventi socio-educativi e di attivazione lavorativa;
  • la promozione di accordi di collaborazione in rete.
Per ulteriori informazioni sul Bando per i comuni, cliccare qui per l'HELP DESK SIA.
 
Il coinvolgimento delle Caritas
Oltre che per la sua importanza intrinseca come misura di contrasto alla povertà, il SIA proprio in virtù di questo approccio basato sulla concertazione e la co-decisione da parte dei soggetti territoriali coinvolti (servizi sociali, istituti scolastici, centri per l’impiego, ecc.) rappresenta una opportunità di ridefinizione delle modalità di intervento a livello locale sulla povertà, che va sfruttata e adeguatamente monitorata. È un primo passo verso l’entrata in vigore del REI (Reddito di Inclusione) previsto nel disegno di legge delega sulla povertà di cui è in corso l'iter parlamentare e che dovrebbe essere approvato entro l’anno. In particolare, in questa fase le Caritas diocesane potranno muoversi nelle seguenti direzioni:
  • verificare se e con quali modalità i Comuni del territorio abbiano dato comunicazione della partenza della misura;
  • verificare se siano stati costituiti tavoli di lavoro e se la Caritas diocesana sia stata coinvolta;
  • stimolare un primo confronto con l’amministrazione locale attraverso momenti di interlocuzione ad hoc;
  • svolgere un’azione informativa presso le persone che accedono ai centri di ascolto e ai propri servizi, verificando l’esistenza dei requisiti di base per l’accesso da parte di questi ultimi alla misura (presenza di figli minori, di persona disabile con almeno un genitore e di una donna in stato di gravidanza accertata) ed eventualmente orientando alla rete dei soggetti territoriali (servizi sociali o Caf) in grado di supportare le persone nella compilazione della domanda;
  • partecipare al processo di costituzione delle equipe multidisciplinari da parte dei Comuni per la definizione dei progetti personalizzati di presa in carico;
  • valorizzare, all’interno dei processi di presa in carico e in sinergia con gli altri soggetti del terzo settore coinvolti, le iniziative e attività promosse a livello diocesano sul tema dell’orientamento al lavoro, della prevenzione e cura della salute e della frequenza scolastica, attraverso la stipula di convenzioni o accordi appositi con l’amministrazione comunale per l’affidamento di alcune di queste attività;
  • partecipare alle attività di monitoraggio/valutazione della misura eventualmente previste da Caritas Italiana o da altri enti.
In conclusione…
Si inaugura dunque una stagione complessa che sarà sicuramente segnata da difficoltà e ritardi, ma di cui si deve cogliere la dimensione di opportunità per far fare un deciso passo in avanti al nostro sistema di protezione sociale ad oggi debole e incompleto, che non ha retto all’urto della crisi economica, lasciando scivolare in povertà migliaia di famiglie. Difendere questo percorso è un nostro dovere, senza rinunciare alla critica, se necessario, ma cogliendo l’occasione per mobilitarsi in maniera costruttiva e realistica nella prospettiva di un cambiamento possibile nel tempo che ci è dato di vivere. Questo processo è dunque una finestra di opportunità da cogliere in pieno. Per questo c’è bisogno di capire cosa sta avvenendo nella propria realtà locale, discernere il ruolo delle Caritas diocesane e verificare lo stato di avanzamento di questi processi, sviluppare un’azione informativa e di coordinamento, contestualmente ad un’azione di pressione istituzionale. Solo in questo modo si potrà non solo prendere parte attivamente a questo processo, ma anche offrire un contributo significativo e utile al suo complessivo miglioramento.
 
Per ulteriori informazioni sul SIA è possibile scrivere a attuazione_sia@caritas.it.