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Il contesto di riferimento 
Mercoledì 6 Luglio 2011
Emergenza Nord Africa: l'impegno della Caritas
Il contesto di riferimento   versione testuale
Dall’inizio degli sbarchi sull’isola di Lampedusa Caritas Italiana, insieme alla diocesi di Agrigento, ha cercato di portare il proprio contributo ai tanti migranti che arrivavano. Dal primo di gennaio al 16 dicembre sono sbarcate a Lampedusa 58.708 persone, una media di 1.500 ogni settimana nel periodo gennaio-settembre, prima dalla Tunisia, oltre 26.000, poi dalla Libia, di nazionalità mista, in prevalenza da paesi sub sahariani.
 
22.284 persone sono attualmente ospitate in Italia, quasi tutti richiedenti asilo, di cui 2.932 accolte nelle strutture delle 69 Caritas diocesane attivatesi sino ad oggi.

Una rapida cronistoria
La situazione ha visto momenti particolarmente drammatici durante la fine di febbraio ed il mese di marzo, quando sull’isola di Lampedusa si registrava la presenza di più di 6.000 immigrati tunisini, molti giovanissimi, sbarcati a Lampedusa in seguito alla rivoluzione che aveva travolto il loro Paese e con l’evidente obiettivo di raggiungere la Francia, il Belgio, la Germania.
  
A partire dalla fine di marzo il Governo ha iniziato a trasferire i migranti da Lampedusa e contestualmente ha sottoscritto un nuovo accordo con le autorità tunisine, che prevede il rimpatrio immediato di tutti i cittadini tunisini giunti in Italia dal 6 aprile in poi.
 
Questo accordo ha immediatamente ridotto moltissimo il flusso di migranti dalla Tunisia, negli stessi giorni in cui, però, iniziavano le operazioni belliche della Nato contro il regime di Gheddafi, che hanno dato il via ad un nuovo flusso di migranti dalla Libia.
 
L’isola di Lampedusa ha visto dunque, dal mese di aprile alla seconda metà di Settembre, un flusso pressoché continuo di sbarchi provenienti in maggioranza dalla Libia, a cui però seguiva dopo pochi giorni un deflusso, ad opera della Protezione Civile Nazionale, che ha reso la situazione a Lampedusa assolutamente sotto controllo durante tutto il periodo estivo. 
Il meccanismo di accoglienza e trasferimento da Lampedusa prevedeva infatti che i migranti provenienti dalla Tunisia venissero rimpatriati, perché considerati migranti economici irregolari, mentre i migranti provenienti dalla Libia venissero considerati potenziali richiedenti asilo e trasferiti dopo pochi giorni sul territorio nazionale e distribuiti in tutte le Regioni.  
  
Sull’isola avveniva dunque solo lo sbarco, sotto il controllo della Guardia Costiera e della Polizia di Stato, e si assicurava l’accoglienza per pochi giorni nei centri di primo soccorso, dove i migranti venivano identificati e sottoposti alle prime visite mediche; non ci sono mai state dunque per tutta l’estate situazioni di presenza diffusa di migranti sull’isola.

Questo è quello che si verificava fino al mese di settembre, quando, dopo un mese di arrivi continui di tunisini, soggetti a rimpatri, la tensione dentro il centro di accoglienza è aumentata sempre di più, fino all’incendio doloso dello stesso centro di accoglienza ed ai disordini di piazza scoppiati il 21 settembre.
Nonostante i vari appelli di tutte le organizzazioni umanitarie, dei Lampedusani e dei sindacati di polizia, il meccanismo dei trasferimenti degli immigrati da Lampedusa si è bloccato proprio nello stesso periodo: a fronte di un arrivo continuo di tunisini non corrispondeva più un deflusso dall’isola. In pochi giorni si è arrivati al sovraffollamento del centro, alla tensione ed agli scontri tra immigrati e polizia, che hanno coinvolto anche alcuni Lampedusani.
Fortunatamente non ci sono state vittime, solo pochi feriti, e finalmente dopo appena due giorni dai disordini, il 23 settembre tutti i tunisini sono stati trasferiti da Lampedusa in vari CIE in tutta Italia, è stato fatto cioè quello che da più parti si chiedeva di fare per evitare conseguenze drammatiche.

Questi fatti di fine estate hanno purtroppo compromesso ancor più l’immagine di Lampedusa come luogo turistico, con ricadute pesanti sull’economia familiare di tutti gli abitanti dell’Isola.
 
Ma a fronte dei tanti che sono riusciti a raggiungere le coste di Lampedusa, molti non ce la fanno e muoiono in mare, di stenti o a causa di naufragi, causati da veri e propri trafficanti senza scrupoli.
 
Dall’inizio del 2011 la conta dei morti in mare nel canale di Sicilia ha raggiunto numeri da vera e propria ecatombe: 1.674 morti accertati, che significa 239 al mese, 8 morti al giorno, uno ogni 3 ore…Rispetto alla rotta Libica, i morti accertati, senza considerare tutti i naufragi di cui non si sa nulla, sono uno ogni 17 arrivati a Lampedusa (dati forniti da Fortress Europe: http://fortresseurope.blogspot.com/2006/02/nel-canale-di-sicilia.html#more) Una così alta percentuale non evidenzia solo il rischio legato alle condizioni del mare, ma il modo con cui viene gestita la partenza, con scafisti senza alcuna esperienza di mare, con natanti riempiti all’inverosimile, con trafficanti pronti a disfarsi in modo barbaro del loro “carico”, come successo nello sbarco del 1 agosto scorso, qaundo furono trovati 25 cadaveri nei locali motori di un peschereccio, o nello sbarco del 4 agosto, i cui drammatici racconti di sopravvissuti denunciano la morte di circa 10 persone gettate in mare, legati e picchiati, come "sacrifici umani" per ingraziarsi il favore del fato e raggiungere Lampedusa.
 
Tutta l’organizzazione del traffico di essere umani, nel periodo aprile-agosto 2011, era evidentemente in mano alle truppe di Gheddafi, che in alcuni casi gestivano direttamente le operazione, a volte costringendo gli immigrati africani ad imbarcarsi anche contro la loro volontà, in altri casi erano complici o quantomeno collusi con trafficanti senza scrupoli. A riprova di questa tesi sta il fatto che dopo la caduta di Tripoli e la dispersione delle truppe lealiste a Gheddafi non si sono praticamente più verificati sbarchi dalla Libia (solo recentemente c'è stato uno sbarco, la notte del 16 dicembre).
 
Ovviamente l’attività della Caritas in Italia si è concentrata non solo a Lampedusa, ma soprattutto nel resto del Paese, a sostegno del piano di accoglienza nazionale che ha coinvolto tutti i territori della penisola.
 
Delle quasi 60.000 persone giunte in Italia attraverso Lampedusa,
22.284 sono attualmente ospitate in Italia, di cui 2.932 accolte nelle strutture di 69 Caritas diocesane attivatesi sino ad oggi.
 
Un’attenzione particolare è rivolta alla questione dei minori non accompagnati arrivati dal Nord Africa. Sono almeno 2.705 quelli sbarcati a Lampedusa dall’inizio dell’anno, di cui 2.567 non accompagnati e la criticità riguarda la capienza delle comunità di accoglienza, che non permette al momento di accogliere tutti in strutture accreditate. A causa di questa carenza strutturale si è verificata nei mesi scorsi una permanenza prolungata nei centri di prima accoglienza di Lampedusa, dove i minori non accompagnati, ragazzi tra i 14 ed i 18 anni, sono stati anche alcune settimane in condizioni assolutamente inadeguate. Grazie alla collaborazione delle Caritas Diocesane di Piana Degli Albanesi, Trapani, Teggiano Policastro e Acerenza, è stato possibile trasferire da Lampedusa circa 250 minori ed accoglierli in strutture temporanee, adeguate ed idonee a rispondere a tutti i bisogni dei minori. 
 
Per dettagli sui numeri complessivi dell’accoglienza si può consultare il sito del Dipartimento di Protezione Civile.
 
Anche Caritas Turchia è attiva per monitorare la situazione al confine con la Siria dove i profughi sono diverse migliaia, accampati in situazioni di emergenza in campi profughi gestiti dalla Mezzaluna Rossa. Per un quadro più dettagliato posso essere consultati i due rapporti prodotti da Caritas Italiana nell’ambito del "MigraMed: le Caritas del Mediterraneo a confronto".