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Divisi dalla forbice, appesi a un filo   versione testuale
25 novembre 2020

Alehandro ha iniziato a non sentire più il gusto dei cibi, e quando mangiava il dulce de leche preparato dalla madre gli sembrava di mangiare sabbia. Poi è iniziata la febbre, con il dolore alle ossa e la spossatezza.
Alehandro evita il contatto con gli altri, sta chiuso in casa e aspetta che le cose migliorino. Ora è iniziata la tosse, prima secca poi addirittura cavernosa. 
Pushpa ha iniziato a non sentire più il gusto dei cibi, e quando mangiava il curry preparato dalla figlia, le sembrava di mangiare sabbia. Poi è iniziata la febbre, con il dolore alle ossa e la spossatezza. 
Pushpa evita il contatto con gli altri, sta chiusa in casa e aspetta che le cose migliorino. Ora è iniziata la tosse, prima secca poi addirittura cavernosa. 
Anche Janette ha iniziato a non sentire più il gusto dei cibi, e quando mangiava il sukuma wiki preparato da sé, le sembrava di mangiare sabbia. Poi è iniziata la febbre, con il dolore alle ossa e la spossatezza. 
Janette evita il contatto con gli altri, sta chiusa in casa e aspetta che le cose migliorino. Ora è iniziata la tosse, prima secca poi addirittura cavernosa.
 
Terzo giro del mondo
Un filo rosso collega il mondo. 
Non si sa ancora bene da dove sia partita l’onda, si pensa dall’Oriente ma forse era solo la schiuma di un movimento precedente e subacqueo. Si sa che da mesi quest’onda ha investito tutto, o – come dice la parola stessa (pandemia: dal greco epidemios, “che è nel popolo” con l’aggiunta di epì, “tutto”) – tutti i popoli, davvero con pochissime eccezioni e distinzioni. 
Da oriente a occidente, da nord a sud tutto il mondo si trova paralizzato, investito, ammorbato dal virus Sars-Cov-2, familiarmente detto “Corona”, ed è impossibile scrivere cifre relative a contagiati e deceduti senza che le stesse diventino obsolete nel giro di mezza giornata. Mentre lui, il virus, di giri del mondo ne ha già fatti due e si accinge a partire, in alcuni paesi, per il terzo mortifero round.
Ormai le ricerche fotografano che i sintomi sono bene o male gli stessi per tutti, che il mezzo di trasmissione è lo stesso, cosi come lo è il periodo di incubazione, e cosi sono uguali anche i modi per contrastarlo, rallentarlo o combatterlo. Insomma, tutti uguali davanti al virus. 
* * *
Alehandro non può lavorare da quindici giorni, è a casa, la tosse peggiora. Il padre lo aiuta nella gestione quotidiana e al lavoro gli hanno concesso un permesso straordinario. Già gli hanno detto che, per quando si rimette, potrà fare il lavoro da casa. 
Anche Pushpa non può lavorare da quindici giorni, è casa e la tosse peggiora. Da quando il marito è morto qualche anno fa, solo lei lavora, facendo le pulizie per un grande ospedale di Delhi, che è proprio dove forse si è presa anche il virus. Già le hanno detto che una volta guarita può anche non ripresentarsi al lavoro, che tanto il suo posto lo ha preso già un’altra. Le lacrime si mescolano bene al muco e all’espettorato dopo ogni colpo di tosse. Così Pushpa non deve spiegare a sua figlia perché piange.
Janette pure non può lavorare da quindici giorni, è a casa e la tosse peggiora. Non ha dovuto dire a nessuno che non potrà recarsi al lavoro. Il suo lavoro è proprio lì dove ora tossisce. Quel letto che sostiene il suo corpo stanco di respirare, è anche l’ufficio: è qui che riceve gli uomini dei comprensori della zona, è qui che produce la ricchezza per far studiare i due figli all’università nella capitale. 
 
Anche la tecnologia separa
E il solito filo rosso collega i mondi.
L’impatto sull’occupazione è devastante ovunque. In tutto il mondo si è assistito negli scorsi mesi a una flessione importante dell’occupazione. Ma se è vero che questa flessione è spesso legata a settori di mercato specifici – trasporto aereo, turismo –, è altrettanto vero che colpisce maggiormente fasce sociali specifiche della popolazione.
Questa emergenza sanitaria ha reso ancora più evidenti le disuguaglianze, ha aumentato il divario tra ricchi e poveri, tra persone incluse nel sistema-mondo e quelle escluse.
Spesso chi era già emarginato, o al limite della povertà, è caduto più in basso, aggravando le proprie condizioni economiche e quindi socio-sanitarie, e perdendo sensibilmente in qualità della vita.
La “forbice” è sempre più allargata: i ricchi sono diventati anche in questo frangente storico ancora più ricchi; i poveri, appunto, sempre più poveri. Quando non miserabili.
«Pochi governi al mondo negli ultimi anni si sono veramente impegnati a contrastare le disuguaglianze economiche e sociali e a tutelare adeguatamente le persone più vulnerabili. La pandemia ha peggiorato una situazione già gravemente compromessa. Milioni di persone sono finite in povertà, si è aggravata la piaga della fame e centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita», ha dichiarato Chema Vera, direttore esecutivo di Oxfam International.
A unire è un virus infinitamente piccolo, a divedere sono distanze che si fanno infinitamente grandi. La tecnologia, che è diventata la modalità di istruzione, relazione e crescita per un numero sempre maggiore di persone isolate, chiuse in casa e fisicamente lontane, è però inaccessibile per molte che diventano sempre più sole, meno collegate e raggiungibili, quindi più emarginate. E non è una mera questione di ricchezza e possibilità di acquistare strumenti che permettano di connettersi, ma anche di genere, età, geografia
 
Spesa bassa per la salute
L’investimento statale nella sanità pubblica varia moltissimo da paese a paese: in una situazione di pandemia, ciò fa largamente la differenza tra la vita e la morte. E quando a questa si aggiungono violazioni costanti dei diritti dei lavoratori, allora chi scampa la pandemia, spesso, non riesce a sfuggire la povertà.
La spesa sanitaria dell’India è, in termini percentuali rispetto alla spesa pubblica complessiva, la quarta più bassa al mondo; nel grande paese asiatico solo metà della popolazione ha accesso ai servizi sanitari essenziali. Sempre in India inoltre, diversi stati federali, con condizioni di lavoro tra le più disastrose, hanno approfittato della pandemia per aumentare le ore lavorative da 8 a 12 al giorno e sospendere la legge sul salario minimo, riducendo in povertà milioni di lavoratori.
In Kenya, a seguito del diffondersi del Covid, il governo ha tagliato le imposte ai più ricchi e alle grandi aziende, e stanziato finanziamenti irrisori per rafforzare misure di protezione sociale e sanitaria per la popolazione. Quasi 2 milioni di cittadini kenioti hanno perso il lavoro e decine di migliaia di persone che vivono negli slum di Nairobi o in zone rurali non hanno ricevuto quasi alcun aiuto dal governo, e versano in condizioni di profonda insicurezza alimentare.
In Colombia, 22 milioni di lavoratori informali non hanno l’indennità di malattia e anche quando risultano positivi al Covid-19 sono costretti a lavorare. Le donne sono le più colpite dalla crisi economica, con un tasso di disoccupazione arrivato al 26%, mentre quello maschile è al 16%.
Se i governi, la società civile e le organizzazioni transnazionali non si faranno carico del bisogno di uguaglianza sociale, fiscale, di diritti umani, di accesso alla cultura e agli scambi, le distanze tra i mondi diversi nella nuova geografia pandemica si faranno sempre più difficili da colmare
 
Filo di morte e nuova vita
Alehandro è ancora ammalato. Ma ormai la tosse sembra sparire. Restano la stanchezza e la difficoltà ad alzarsi dal letto. Ogni giorno di più, però, il suo corpo reagisce ai farmaci e al riposo, e il virus pare allontanarsi pian piano.
Ora può riallacciare il filo rosso delle sue amicizie e relazioni, il collegamento online con l’ufficio, e nessun rosso colora il suo conto in banca. 
Pushpa è ancora ammalata. E la tosse sembra peggiorare. Ormai da giorni non mangia, si alza dal letto solo per andare in bagno e poi ricade in un torpore che le spugnature fredde della figlia preoccupata paiono solo lenire.
L’hanno dovuta portare all’ospedale di zona quando ormai la ricerca ansante di bocconi d’aria era l’unica colonna sonora delle giornate. Osserva quel filo rosso che lega la sua morte alla vita, il cavo del casco per la ventilazione assistita, unto e logoro nella guaina protettiva, ma sempre un dono di Krishna e della sua compassione infinita, che la salverà.
Janette anche è ammalata, e la tosse è peggiorata di molto. Sono finiti il cibo, i soldi, e con essi i respiri. È finita, con l’ossigeno, anche la speranza di una vita migliore, per sé e per i ragazzi.
Ha trovato solo quello in casa, Janette, solo un filo rosso. E con esso, le ultime forze per arrampicarsi sulla sedia. Solo quel filo ora sostiene il suo corpo appeso lì, tra i resti di una vita e di un ufficio di elevatissima dignità. Ora non servono né soldi né ossigeno né respiri.
E nella stanza a fianco, i gemiti diventano lamenti, i lamenti urla e il piccolo Joele raccoglie l’ultimo afflato di Janette e lo fa suo primo respiro. Lui che con il suo pianto appena venuto al monto gonfia i polmoni e urla la sua fiera, coraggiosa esistenza. 
Tagliano, mani sapienti di nutrice, quel filo rosso che lo lega ancora al ventre della madre… e vita sia.
 
Beppe Pedron