Home Page » Attivita' » Progetti » Italia » Emergenza COVID-19 » L'impegno Caritas » Nei territori » Il lato nero di Roma, ma solidarietà è solidità 
Il lato nero di Roma, ma solidarietà è solidità   versione testuale
11 dicembre 2020

«A Roma non è stata tanto la risalita dei contagi a far aumentare la richiesta dei bisogni, ma le restrizioni delle attività commerciali e produttive hanno prodotto pesanti conseguenze sociali, determinando la perdita di molte possibilità lavorative per gli ultimi della fila». Don Ben Ambarus, direttore della Caritas diocesana di Roma, racconta di come anche la capitale abbia vissuto con difficoltà la seconda ondata dell’epidemia da Coronavirus.
Le conseguenze non hanno tardato a manifestarsi agli sportelli Caritas. «Quest’anno c’è stato un aumento delle richieste di aiuto, sia nei mesi del primo lockdown che in quelli successivi, dell’estate. E poi di nuovo con l’ondata autunnale. In città c’è un enorme numero di persone che vivono di piccoli espedienti, di lavoretti in nero, di lavori precari. Chiedono aiuto padri e madri di famiglia che non riescono a pagare affitti e bollette. Recentemente è stato da me per chiedere aiuto un responsabile dei giostrai, non possono lavorare e sono praticamente ridotti alla fame».
Tra le fragilità da tenere sotto controllo, il direttore di Caritas Roma vede all’opera due dinamiche: «In questo momento sono in gioco un circolo virtuoso e un circolo vizioso. In tempi “normali” a Roma c’è molta gente che galleggia, in qualche modo arrabattandosi: un circolo virtuoso, per certi versi, ma che in questo momento si sta trasformando in un circolo vizioso».
La Caritas romana è stata pronta a riattivare le misure di emergenza che erano state attivate nel periodo del lockdown primaverile, e che erano state poi ridimensionate durante l’estate, nelle settimane in cui l’aggressività del virus pareva essersi affievolita. «Siamo tornati a fare sforzi straordinari, sia con i presìdi territoriali sia sul fronte della distribuzione delle derrate alimentari. Inoltre, poiché sono emerse le difficoltà di numerose persone che vivono in affitto in nero, vorremmo, il prossimo anno, trovare nuove e più efficaci modalità di sostegno rispetto a questa fragilità abitativa».
 
Numerosi piccoli gesti
Ma quanto ha pesato l’emergenza sanitaria sulla conduzione dei servizi gestiti dalla Caritas diocesana? «Le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare – continua il direttore – sono state numerose. Abbiamo dovuto dimezzare il numero degli ospiti dell’ostello dfi via Marsala, alla stazione Termini, dove normalmente venivano ospitate 180 persone senza dimora, e trasferire le restanti in un’altra struttura. Ora l’ostello verrà chiuso, perché le stanze sono per 6 persone e con il bagno in comune, condizioni non sostenibili in un momento di pandemia sanitaria. Abbiamo individuato un’altra struttura, con stanze a uno o due letti, ma questo significa un notevole incremento dei costi. Anche il problema legato ai tamponi sta costando parecchio. Gli operatori devono farli ogni 15 giorni e il costo è 22 euro a tampone, spesa che ricade sulle nostre casse. Abbiamo fatto presente il problema e chiesto un tavolo istituzionale per discuterne. Le misure sanitarie comportano spese straordinarie, che stiamo sostenendo da soli; nessuno ha pensato di stanziare fondi straordinari per i servizi sociali gestiti dal terzo settore, anche per conto di amministrazioni pubbliche, e così non abbiamo avuto aiuto. Hanno fatto appello al nostro senso di responsabilità, che noi abbiamo accolto e raccolto. Ma le istituzioni, soprattutto verso le persone senza dimora, sono assenti. Lo dico con un po’ di rammarico».
Altri bisogni sono emersi, in parte in modo sorprendente, durante i mesi di chiusura. «È stato uno schiaffo scoprire come a Roma il lavoro nero sia una forma di diffusa povertà – commenta don Ambarus –. Non avevamo la consapevolezza di quanto fosse realmente diffuso e radicato questo sistema iniquo di sfruttamento delle fragilità delle persone e delle famiglie. È stata una scoperta dolorosa. Abbiamo sempre pensato che le povertà maggiori su Roma fossero legate alla mancanza di una casa, all'estrema solitudine degli anziani, ai problemi economici spesso legati a forme di ludopatia. Ecco, pur in un quadro appesantito dalla consapevolezza di illegalità e povertà estese, intravedo motivi di speranza. Vedo i numerosi piccoli gesti che provengono dalla grande rete della solidarietà, da quella sociale a quella ecclesiale, dalle Caritas che agiscono nel territorio. Nella enciclica Fratelli Tutti, papa Francesco usa parole che mi hanno colpito: la solidarietà ha a che fare con la solidità. Ogni gesto di solidarietà non fa altro che creare maggiore solidità nella società, come cemento che rafforza. E noi andiamo avanti con questa consapevolezza, sapendo che ogni piccolo gesto mette un mattone in più in questo edificio».
 
Maria Assunta Casati