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La lotta al disagio si tinge di verde   versione testuale
16 febbraio 2021

L’enciclica Laudato si’, che papa Francesco ha dedicato al tema dell’“ecologia integrale”, evidenziando l’esistenza, sul pianeta, di una sola e complessa crisi socio-ambientale, alla quale occorre fornire risposte non settoriali, ha compiuto 5 anni in piena pandemia: era infatti stata pubblicata il 18 giugno 2015. Prendendo spunto dall’anniversario, Caritas Italiana e Legambiente hanno pubblicato nei mesi scorsi lo studio Territori Civili. Indicatori, mappe e buone pratiche verso l’ecologia integrale, ricerca che prova a dare forma a quanto espresso dal Pontefice, sia leggendo in modo integrato la dimensione sociale e quella ambientale, sia mettendo in luce le esperienze innovative che, in diversi territori italiani, cercano di offrire risposte alla crisi, agendo su diverse dimensioni della stessa.
L’approccio dell’“ecologia integrale”, che percepisce come fortemente interconnessi società, economia e ambiente (condividendo in tal senso molti punti con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite), produce un’analisi dei problemi ambientali inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, ma anche delle relazioni che ciascuna persona e comunità intrattengono con gli altri e con l’ambiente.
Tale intuizione, si diceva, in molti territori non è più soltanto una suggestione. Il volume di Caritas e Legambiente esplora buone pratiche e percorsi operativi replicabili, già attivi nel territorio della Penisola. In particolare, il volume riporta gli esiti di un’indagine qualitativa realizzata in 12 comuni italiani: Cagliari, Campi Bisenzio (Firenze), Lecco, Lucca, Marcianise (Caserta), Padova, Palermo, Pontecagnano (Salerno), Reggio Calabria, Taranto, Terni e Torino. Grandi metropoli, città capoluogo di provincia e comuni di medio-piccole dimensioni, individuati congiuntamente da Caritas Italiana e Legambiente, tra le tante opzioni possibili, partendo da esperienze maturate o in corso, grazie all’impegno delle stesse Caritas diocesane e dei circoli di Legambiente, ma anche tenendo conto di loro alcune peculiari fragilità (sociali e ambientali).
 
Esperienze innovative
L’indagine è stata condotta “sul campo”, attraverso la somministrazione di interviste semi-strutturate ad alcuni testimoni privilegiati, al fine di mettere in luce, partendo dalla lettura delle criticità e delle risorse dei vari contesti, la presenza di esperienze che avessero connotazioni di innovazione sociale e ambientale. In ogni territorio sono stati intervistati quattro attori, operanti in ambiti diversi: un referente delle amministrazioni locali (assessori o funzionari dei comuni con delega all’ambiente, al sociale, all’innovazione) e tre referenti del terzo settore (il direttore o un collaboratore dell’équipe della Caritas diocesana, il responsabile o un delegato del circolo provinciale o regionale di Legambiente, un referente regionale o provinciale del Centro servizi volontariato…).
Per descrivere i progetti è stata elaborata una griglia composta da tre macro-aree, contenente 11 parametri sociali e 11 parametri ambientali. Riguardo al versante sociale, sono stati ad esempio considerati il ruolo pedagogico, educativo e di animazione territoriale; l’azione di contrasto alle disuguaglianze, alle ingiustizie sociali e alla povertà; la promozione del capitale sociale; l’attivazione della comunità e della partecipazione sociale e civica. Sul fronte ambientale, si è prestata attenzione a fattori come la crescita della consapevolezza ecologica, la denuncia di fenomeni di degrado e inquinamento ambientale, la lotta ai cambiamenti climatici, la tutela delle risorse naturali, la promozione dello sviluppo sostenibile, gli interventi di riqualificazione e rigenerazione o la promozione di attività economiche green. Sono state definite come esperienze “innovative”, ad esempio, le progettualità che associano aspetti di valorizzazione ambientale (per esempio la tutela dell’ambiente, processi produttivi a forte impatto ambientale) a elementi di promozione sociale (per esempio l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, o il sostegno a diverse forme di vulnerabilità) che prevedono il coinvolgimento sinergico di attori istituzionali, del terzo settore, della società civile e dell’imprenditoria, al fine di rispondere ai bisogni del territorio.
 
Nord collaborativo, Sud creativo
Le esperienze messe in luce nel volume sono 36 (valutate secondi i 22 parametri suddetti) e rappresentano solo alcune delle tante progettualità intercettate nei 12 casi-studio. Un patrimonio importante, che racconta, in maniera significativa, la spinta culturale e la visione strategica che attraversa l’Italia, da nord a sud. Dall’analisi di queste buone pratiche, emergono alcuni aspetti trasversali e ricorrenti, che si possono definire come “fattori di qualità e innovazione”, di cui tenere conto nel momento in cui si avviano nuove esperienze di inclusione sociale, attente alla dimensione ambientale
Tra questi fattori, alcuni meritano segnalazione:
- una forte attenzione alle problematiche secondo una visuale unitaria e non più scissa in base alla propria competenza o ruolo, ma anche la necessità sempre più viva di far convivere attori e idee un tempo lontani attorno agli stessi tavoli di lavoro e di coordinamento, coinvolgendo in modo sempre più massiccio la comunità locale, costituita da singoli cittadini, associazioni, comitati locali e di quartiere;
- una forte contrapposizione Nord-Sud che, dal punto di vista della presenza di esperienze innovative, non vede necessariamente penalizzato il contesto meridionale: se al Nord è innegabile che il concetto di innovazione civica sia acquisito e condiviso, ed è evidente nella capacità di collaborare tra agenti diversi (amministrazione, enti del terzo settore, cittadini), al Sud primeggiano la forte creatività e la capacità di resilienza delle organizzazioni del terzo settore, che rispondono con le proprie forze alle tante sfide locali, in una situazione troppo spesso precaria, dove mancano risorse e anche la collaborazione e il supporto degli enti locali;
- spicca in tante esperienze il protagonismo delle persone e delle comunità locali, anche in situazione di marginalità: in tali contesti i soggetti non sono solo destinatari, ma anche protagonisti e artefici del cambiamento stesso, dello sviluppo e della loro emancipazione;
- molte delle esperienze osservate poggiano sulla logica innovativa dell’inclusione sociale circolare: si tratta di un approccio inedito, che punta al recupero e al reinserimento di persone svantaggiate, anch’esse a rischio di divenire “rifiuto sociale”, tramite attività che prevedono l’attivazione di pratiche di economia circolare: recupero di aree naturali e aree industriali dismesse, riavvio di esperienze commerciali e ristorative interrotte, riutilizzo di beni materiali (prodotti alimentari, rifiuti, abiti, mobili, ausili sanitari, ecc.) nella logica di una cultura anti-spreco, promozione di nuovi stili di vita e di tutela del creato, ecc. Molteplici sono gli esempi di questo tipo di approccio: “WOWNature” di Padova, i-Rexfo di Terni, “Daccapo centro del riuso” di Lucca, “Fa bene” di Torino, “Impresa sociale Lavoro insieme srl” di Cagliari, “Crams” e l’Ostello “Parco Monte Barro” a Lecco, i progetti di reinserimento socio-lavorativo di Taranto, la “Green station” di Pontecagnano, il progetto “Con-tatto” della Caritas diocesana di Caserta, le numerose iniziative nate nell’ambito del Distretto dell’economia civile di Campi Bisenzio, i “Cantieri culturali della Zisa” e soprattutto il complesso progetto di Legambiente “Ecco – Economie circolari di comunità”, avviato in diverse città italiane. Proprio in quest’ultimo progetto è presente un’importante componente formativa, che si fonda sui risultati di un’indagine sulle assunzioni programmate dalle aziende italiane (su banca dati Excelsior di Unioncamere): il 78,8% di tali assunzioni riguardava persone con competenze green. Le aziende richiedono in modo crescente queste competenze, non soltanto per i profili altamente specializzati ma anche in chi cerca occupazione dopo la scuola dell’obbligo. Il progetto Ecco ha previsto quindi l’attivazione di percorsi formativi professionalizzanti, in grado di assicurare a persone collocate al margine del marcato del lavoro nuove opportunità professionali, rispettose dell’ambiente, in grado di coniugare inclusione sociale con pratiche di economia circolare e civile.
 
Walter Nanni