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Social Hub, una pentola di opportunità   versione testuale
24 febbraio 2021

Formazione, accompagnamento, inserimento (professionale dei giovani crotonesi e dei numerosi migranti presenti nel territorio). E poi uno spazio di co-working. Tutto questo è “Social Hub”, progetto che la Caritas diocesana di Crotone, assieme al suo “braccio operativo”, l’associazione Sabir, ha avviato nel territorio della diocesi calabrese due anni fa. Con ottimi risultati. E al quale ora intende dare continuità, grazie a fondi otto per mille.
«Negli anni scorsi – racconta Manuelita Scigliano, vicedirettore di Caritas Crotone e presidente di Sabir – il progetto ha funzionato bene; per questo motivo è stato ampliato e ripresentato anche nel 2021. Lo scorso gennaio è partito Social Hub 3.0. Caritas italiana ha ritenuto questo progetto innovativo e, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, ci ha sostenuto e incoraggiato».
 
Dalla mediazione ai fumetti
A Crotone, a differenza di altre città, soprattutto del nord Italia, non esisteva alcuno spazio di co-working. «Ci siamo immaginati un luogo che potesse favorire insieme l’aggregazione giovanile e l’accompagnamento professionale. Un unico spazio, una duplice funzione: è rivolto soprattutto ai giovani che, pur non avendo istruzione di livello superiore, mostrano comunque talenti e potenzialità. Abbiamo avviato corsi di formazione professionale sia di livello medio-alto che di livello tecnico- pratico».
Caritas e Sabir hanno progettato e creato spazi ad hoc, hanno strutturato percorsi di formazione sia brevi, con consulenti del lavoro, commercialisti o avvocati, sia più strutturati, che illustrano le possibilità per ottenere finanziamenti, affinché le idee imprenditoriali dei giovani possano essere realizzate. «Il nostro obiettivo – prosegue Manuelita Scigliano – è accompagnare i giovani durante l’intero percorso, passo dopo passo, dalla scrittura del progetto fino agli incontri con gli istituti bancari per i finanziamenti. Abbiamo istituito anche corsi di formazione di lingua italiana, inglese, francese e araba. A Crotone c’è il Cara di Sant’Anna, uno dei centri che ospitano i migranti tra i più grandi d’Europa; ci sono quindi buone opportunità di impiego per mediatori culturali e linguistici».
Con la pandemia molte attività di consulenza e formazione e i seminari sono stai convertiti in digitale. Ma hanno continuato a riscuotere successo. Tra essi, un progetto di grafica e fumetto. «Mentre un altro, che sta per essere potenziato – chiarisce Scigliano –, riguarda la banca dati dei curricula e dei contatti con datori di lavoro, associazioni di impresa e di categoria, per cercare di far incontrare domanda e offerta di lavoro. Anche in questo caso abbiamo voluto essere innovativi: siamo in contatto con agenzie del lavoro che spesso lamentano la difficoltà di trovare, nel territorio, personale qualificato. Per questo selezioniamo ragazzi idonei e li formiamo per un lavoro specifico. Una formazione su richiesta».
 
Imprese per guardare oltreoceano
E le idee di Caritas Crotone non si fermano qui. Una delle novità di “Social hub 3.0” è la firma di un protocollo di intesa tra Sabir e una fondazione americana, per permettere ai giovani del territorio che hanno idee innovative di affacciarsi sul mercato americano, al fine di trovare partner e uno sbocco commerciale oltreoceano. «Per questo a breve – aggiunge il vicedirettore – inizierà un percorso di formazione ad hoc, in un primo tempo con un corso di lingua inglese, successivamente con corsi tenuti da esperti del settore sulla creazione d’impresa. In seguito saranno selezionate le idee imprenditoriali più promettenti da presentare ai nostri contatti americani, una rete formata da imprese, enti pubblici e università. Stiamo lavorando molto anche con i giovani migranti, facciamo colloqui per capire quali possono essere le loro potenzialità e quali di queste si adattano meglio al lavoro locale, indirizzandoli in percorsi di formazione e tirocinio idonei a loro».
Social Hub, insomma, è una pentola di idee. Sempre in ebollizione. A breve prenderanno il via altre attività, come un progetto in ambito sociale europeo e un potenziamento dei corsi di lingua. I risultati di tante proposte stanno (anche) nei numeri, e nella loro progressione. Nel primo anno di attività, sono stati un centinaio i giovani che hanno seguito i corsi in maniera costante, l’anno successivo sono stati il doppio. «Siamo riusciti – conclude Stigliano – a intercettare anche un buon numero di ragazzi Neet, giovani che non studiano e non lavorano. Alcuni di loro siamo riusciti a coinvolgerli, hanno frequentato qualche corso, altri sono diventati volontari della mensa, altri ancora danno una mano in altri ambiti. In ogni caso, siamo riusciti a farli sentire partecipi della comunità».

Maria Assunta Casati