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La vita emargina, il teatro ricuce   versione testuale
2 marzo 2021

Ve lo ricordate Checco Zalone in Cado dalle nubi? Per corteggiare la bella e colta Marika, che fa volontariato in parrocchia, l’aspirante cantante salito al Nord alla ricerca di successo accetta di dare lezioni di chitarra a un gruppo di ragazzi «problematici», come tenta di spiegargli lei, con il suo linguaggio raffinato da dottoranda. Ne nasce una delle scene più esilaranti del film. Il giovanotto di belle speranze, reinventatosi filantropo per amore, divide il gruppo tra “i figli dei drogati” e i “figli dei reati contro il patrimonio” e annuncia una sfida: tossici contro ladri. Ecco: "Ricuci-Amo la comunità”, progetto di giustizia riparativa e mediazione penale della diocesi di Conversano-Monopoli, che sarà realizzato grazie al contributo 8xmille veicolato da Caritas Italiana e la compartecipazione della Caritas diocesana, promette di non applicare il “metodo Zalone”, ma nemmeno di rimanere imbrigliato dentro le fumosità del politacally correct.

«Vogliamo offrire innanzitutto alle parrocchie un’opportunità di crescere, perché oggi anche tra i fedeli c’è chi con sempre maggiore facilità, magari dietro l’anonimato dei social, è pronto a scagliare la prima pietra contro chi sbaglia – spiega Marzia Lillo, mediatrice penale e responsabile del progetto –. Anche nelle nostre comunità cristiane è diffusa la mentalità per cui chi commette un errore, o un reato, o ancora procura un danno a qualcuno, meriti solo una punizione. Dobbiamo e possiamo evolverci».

 

Che ne fu delle mele guaste?

L’idea è nata proprio da un episodio avvenuto in parrocchia alcuni anni fa. All’interno di un gruppo di adolescenti che frequentavano l’oratorio, un paio di giovanissimi aveva cominciato a fare uso di sostanze. I compagni tagliarono subito i ponti con i due trasgressori. Quando il fatto venne alle orecchie del prete e degli educatori, la reazione fu duplice. Da un lato gli adulti tirarono un sospiro di sollievo: con quel comportamento i ragazzi avevano dimostrato di saper prendere le distanze da un comportamento sbagliato. Dall’altro, però, il sacerdote e i suoi collaboratori pensarono anche a chi era stato allontanato, e conclusero che l’emarginazione non poteva essere la soluzione. Senza dubbio non lo era per chi si era messo sulla cattiva strada. Ma, a ben vedere, non lo era nemmeno per chi era rimasto su quella giusta. Togliere le mele marce forse aveva preservato il cesto, quella volta, ma non aveva permesso nemmeno ai frutti buoni di maturare davvero. Che è poi il solo modo efficace per metterli al sicuro.

E così “Ruci-Amo” non farà distinzioni. Ragazzi a rischio di emarginazione, o che hanno già commesso un reato e stanno scontando gli ultimi anni di pena, e i figli di famiglie “senza precedenti penali”, per fare il verso al comico barese, vivranno un’esperienza comune. Il pretesto sarà l’allestimento di uno spettacolo teatrale. Si comincerà con un primo incontro tra i trulli di Alberobello, Covid permettendo, oppure in piattaforma, per difendersi dal solo virus davvero contagioso. Il regista e gli educatori si faranno guidare dai ragazzi per l’ideazione dello spettacolo. Poi inizieranno dei laboratori. Infine partirà la tournée tra le parrocchie della diocesi. Tutti gli incontri saranno documentati da videomaker. 

Naturalmente la pandemia potrebbe dilatare i tempi, ma il percorso è tracciato. «Nel sud-est barese, territorio della nostra diocesi, ultimamente non solo sono aumentati i casi di devianza tra i minori, ma si è abbassata l’età media di chi commette i reati. Oggi abbiamo 13enni o 14enni che consumano sostanze, spesso droghe sintetiche, e le vendono ai loro coetanei; oppure ragazzini che in un’altra epoca nemmeno avremmo considerato adolescenti che bullizzano i loro compagni, fisicamente o on line, con conseguenze non meno drammatiche. Affidare queste giovani vite al circuito penale vuol dire rischiare di perderle per sempre – conclude Marzia Lillo –. Abbiamo il dovere di non permetterlo e di dare loro una seconda possibilità». Con buona pace dei Checco Zalone. Quelli veri.

 

Francesco Chiavarini