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Mi ritorni in mente: insieme contro il disagio   versione testuale
15 aprile 2021

In questo periodo di emergenza Covid, la salute mentale continua a essere un problema importante. Ovunque, e anche nella diocesi di Lamezia Terme. In questo scenario, il progetto “Mi ritorni in mente. In buona salute insieme” approda, grazie ai fondi otto per mille, alla sua terza annualità. Il programma, infatti, aveva preso avvio nel 2015, sulla base del bisogno evidenziato dai centri di ascolto della Caritas diocesana e dagli enti e organizzazioni che con essa collaborano, nonché sulla scorta delle continue richieste sollevate dai familiari delle persone con problemi di disagio psichico.
Così l’associazione Comunità Progetto Sud, il cui presidente è don Giacomo Panizza, vicedirettore della Caritas diocesana di Lamezia Terme, ha deciso di mettersi al lavoro sull’argomento. «Il fenomeno della salute mentale necessitava di approfondimento e di risposte nell’ambito del contesto diocesano – ricorda Isabella Saraceni, assistente sociale, membro dell’équipe Caritas di Lamezia Terme e referente del progetto -. Pur se falsamente silente, la presenza di persone con disturbi e disagio psichico risulta essere diffusa nel territorio. Un dato importante, rilevato già nel 2014 e oggi, a causa della pandemia, sicuramente inasprito, riguarda i giovani tra i 14 e i 28 anni: sono loro a essere maggiormente colpiti da disturbi dell’umore e da psicosi. Se poi fanno uso di sostanze psicotrope, si velocizza il processo di deterioramento del loro sistema nervoso. A questo quadro si somma la carenza strutturale di interventi e servizi sociali da parte della regione Calabria. La necessità di intervenire era (e rimane) forte, e ci ha spinti a cercare di dare risposte sempre più concrete alle persone in stato di disagio».
 
Ascolto e orientamento
Angela Muraca, psicologa dell’Associazione Comunità Progetto Sud, lavora fin dalla prima annualità nel progetto, di cui è oggi coordinatrice. «“Mi ritorni in mente” – spiega – ha come obiettivo generale lo scopo di costruire un sistema di sostegno rivolto alle persone con sofferenza mentale attraverso diverse azioni: anzitutto il potenziamento dello “Spazio di buona salute”, per sostenere e rafforzare percorsi di inclusione sociale e lavorativa. In secondo luogo, l'avvio di uno “Spazio di ascolto e orientamento” sulla sofferenza mentale. Infine, il potenziamento e la valorizzazione delle risorse solidali comunitarie, con particolare attenzione ai luoghi delle relazioni accoglienti, come la scuola, gli oratori, le associazioni».
L’idea di uno Spazio di ascolto e orientamento sulla sofferenza mentale (che sta nascendo in questo periodo) nasce dalle continue richieste che nei primi anni del progetto sono pervenute da persone che hanno avuto contatti o esperienze relazionali con persone affette da disagio psichico. «Solitamente si tratta di familiari che si trovano a dover affrontare l'esordio della malattia mentale senza avere gli strumenti per capire cosa stia davvero accadendo – chiarisce Angela Muraca –: è la fase in cui rischiano di innescarsi comportamenti difensivi di rifiuto, paura e negazione, che complicano l’emergenza. Queste persone necessitano di essere orientate, rispetto al modo di gestire la situazione, e poi di sapere quali sono i servizi territoriali preposti, e come accedervi».
Lo Spazio di ascolto e di orientamento si propone di rispondere proprio a queste esigenze. E ha anche la finalità di avviare eventuali percorsi di osservazione dei pazienti, grazie a specifici colloqui con psichiatra e psicologa. In generale, i servizi del progetto “Mi ritorni in mente” sono collegati con strutture pubbliche (il Centro di salute mentale territoriale di Lamezia Terme, l’Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna di Catanzaro, i servizi sociali comunali), con realtà non profit del territorio, con l’Università della Calabria e con professionisti del settore (psichiatri, medici di base, ecc.).
Dal 2015 gli utenti diretti che hanno richiesto aiuto sono stati 47. Per ogni persona si è svolto un percorso individualizzato, con tempi e modalità differenti. A costoro si aggiungono utenti indiretti, per esempio i famigliari o altre persone a cui si è offerto uno spazio di ascolto e di elaborazione rispetto a ciò che stavano vivendo. Ogni persona ha lavorato sulla cura di sé e del proprio luogo di vita, sulla formazione e inserimento lavorativo, sul tempo libero e sulla vita affettiva e relazionale. Percorsi di riconquista di una quotidianità serena, che nessuno, a Lamezia, vuole vedere interrotti.
 
Daniela Palumbo