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Il “modello” rimasto senza aria   versione testuale
29 aprile 2021

Spruzzano d’intorno le sfumature colorate delle vesti arancioni, in questa folla giubilante al cospetto della Madre, il grande fiume Gange. 
Pankaj si riempie l’anima di profumi, di sguardi, di suoni e di istantanee di devozione, cinto – anch’egli – di un drappo arancione, con le gambe benedette dall’acqua del fiume fino alle ginocchia, la giovane barba bagnata di gocce e di sole e la mente nell’olimpo di quest’energia spirituale potente.
Ha accompagnato per la prima volta il padre e lo zio. Al precedente kumbh mela, Pankaj aveva solo 6 anni ed era rimasto a casa, con gli altri bambini del villaggio.
Ora entrano prepotenti nella mente gli stimoli di questa folla smisurata, che invoca la protezione e la benedizione degli dei, le famiglie accampate in ogni dove, i sadhu (santoni indù) così caratteristici ed esemplari, la gente di ogni cammino e classe sociale che qui si raduna in questa brulicante unità di intenti. 
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Il kumbh mela è un pellegrinaggio oceanico, durante il quale i pellegrini si radunano per immergersi nelle acque dei fiumi sacri.
Si celebra ogni tre anni, in modalità ciclica nelle quattro città sacre dell’India, per tornare dunque nella stessa città ogni dodici anni. Si calcola che mediamente si radunino per l’occasione circa dieci milioni di persone anche se, considerata la dispersione geografica dell’evento, potrebbero essere molti di più.
Anche nel 2021, nonostante la pandemia da Covid-19, l’evento si è tenuto dall’11 marzo, caratterizzato da una massiccia presenza di folla e sospeso solo da metà aprile: la convinzione, ancora forte in moltissimi devoti, che le acque del Gange, in quanto sacro, siano di per sé un disinfettante e un antidoto rispetto a epidemie e malattie, e dunque anche rispetto all’infezione da Covid, ha rassicurato i fedeli e li ha portati, senza timore alcuno, lungo le rive dei fiumi e nelle città sacre.
Il resto lo ha fatto la politica, con un governo centrale guidato dalla convinzione di supremazia del paese, della religione e delle sue tradizioni, nonché dalla sete, questa assai meno sacra, di un potere economico e di immagine sempre più straripante.
 
Concentrazione solenne, rientro disastroso
Rapiscono l’attenzione di Pankaj i modi solenni e delicati di un uomo intento a eseguire con cura e profonda concentrazione le abluzioni: sarà forse anch’egli una semi-divinità? I suoi occhi sono grigio-verdi, la corporatura solida, lo sguardo fisso su un obiettivo lontano, al di là del mondo, proprio come un dio.
Vorrebbe, Pankaj, raggiungere un giorno quella concentrazione, la presenza di fronte al divino che sin da piccolo invoca con riti, doni e prostrazioni ai piedi di Ganesh.
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Il rientro a casa, però, è stato un disastro: ripartiti prima del previsto, perché lo zio aveva la tosse. Poi ha iniziato anche il papà, con la stessa tosse e con la febbre alta. E ora, dopo quasi una settimana, anche Pankaj fatica a far uscire le parole e a far entrare l’aria.
Nel villaggio si sentono sirene di ambulanze come mai è successo prima.
Dopo i canti delle manifestazioni elettorali, dopo gli slogan gridati da altoparlanti gracchianti montati su tricicli a pedali e a motore, dopo il rumore delle migliaia di persone in andata e in rientro dai comizi con sbuffi di urla, imprecazioni e promesse che mai diverranno realtà, ora il villaggio, eccezionale palcoscenico del teatrino grottesco dei politici, è deserto, piegato nella tosse e nella paura.
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I casi di Covid, dagli inizi di marzo, sono aumentati in India in maniera esponenziale. Alimentando un’emergenza esplosa in tutta la sua drammaticità a fine aprile. Nella sola giornata di martedì 27, per esempio, nel paese sono stati conteggiati 360.960 nuovi positivi (dato ufficiale, che peraltro gli esperti considerano sottostimato), ovvero il numero più alto di infezioni in un solo giorno mai riportato a livello globale. Il vertiginoso incremento ha riguardato particolarmente gli stati (West Bengala, Kerala, Tamilnadu e Assam) in cui si stanno svolgendo, secondo il consueto lungo e complicato meccanismo delle votazioni statali in India, elezioni destinate a influire anche sulla composizione del parlamento federale.
Anche altri territori mostrano i segni tremendi di questo fallimento della politica nazionalista, dell’illusione della supremazia, dell’arroganza di vendere, o donare per fini politici, milioni di dosi di vaccino prodotto proprio nel paese per esportare il “modello India”, che ora mostra, come tanti “modelli” decantati prima del tempo, tutte le proprie tragiche fragilità.
 
Alla ricerca dell’ossigeno
Si muovono nel villaggio soltanto i carretti dei portatori di legna che fanno affari grassi di questi tempi, quando le pire funebri sono accese ovunque e continuativamente.
Si muovono veicoli improvvisati, per trasportare pazienti in fame d’aria verso l’ospedale cittadino, a dieci chilometri di distanza.
Pankaj ha trovato il passaggio di un vicino di casa, anch’egli alla ricerca di ossigeno per il figlio quarantenne, per arrivare all’ospedale.
Ma l’ossigeno sta finendo ovunque, mentre restano abbondanti i lamenti, gli sguardi disperati di chi cerca un filo d’aria o una rassicurazione. Restano le corse dei sanitari, dentro padiglioni divenuti gironi infernali.
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Fatica Pankaj a trattenere la tosse. Viene un medico, coperto nella tuta bianca protettiva, con i guanti e la mascherina, a controllargli la saturazione.
Lo guarda Pankaj, e sotto la visiera riconosce degli occhi grigio-verdi e uno sguardo fiero, concentrato, del tutto presente al delicato lavoro di ricercare un po’ di vita, ovunque rimasta. 
Vorrebbe Pankaj, raggiungere un giorno quella concentrazione, anche solo per un attimo. Anche solo per il prossimo attimo, per il prossimo respiro, che dura quanto il trasmigrare di un’anima. 

Beppe Pedron