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La casa, ritagliata sul bisogno   versione testuale
1 giugno 2021

Mettere le persone al centro, adeguando e ritagliando i servizi alle loro reali esigenze. E, nel farlo, animare la comunità. Questo è il mandato che si è data la Caritas diocesana di Concordia-Pordenone in tutti gli ambiti in cui opera. L'idea di fondo è che solo attraverso la relazione si possa davvero trovare la soluzione ai problemi delle persone. Per evitare di erogare aiuti standard a bisogni che di standardizzato hanno davvero poco.
In questo clima è nato e cresciuto “La comunità e la dimora”, progetto finanziato con fondi otto per mille, che si propone di promuovere, in collaborazione con alcune comunità parrocchiali, nuove esperienze di accoglienza e condivisione rivolte a persone in situazione di grave marginalità, attivando per raggiungerle anche unità di strada. «L'obiettivo – spiega il direttore, Andrea Barachino – è aggiungere altre due parrocchie (una già in arrivo) alle tre che già operano in tal senso. Il progetto prevede di mettere a disposizione appartamenti di proprietà delle parrocchie, non più utilizzati, per accogliere persone in grave difficoltà. Non si tratta, però, di una semplice riconversione immobiliare: non ci interessa aggiungere nuovi locali a quelli che abbiamo già. Quello che vogliamo, invece, è far crescere dentro le comunità, e questa è la fatica più grande, la capacità di accogliere le persone in difficoltà, condividendo con loro un pezzo di strada. Per fare questo bisogna lavorare molto sull'ascolto della comunità e sulla formazione dei volontari, snodi fondamentali in una rete fatta da operatori e servizi, anche esterni a Caritas».
 
Tre parrocchie e un privato
Finora, si diceva, sono stati attivati interventi in tre parrocchie. Nella parrocchia dei SS. Ruperto e Leonardo di Vallenoncello due posti letto sono dedicati all'accoglienza di richiedenti asilo in uscita da percorsi di accoglienza e con necessità di supporto abitativo; l’attività ha coinvolto 15-20 volontari, che hanno raggiunto un alto livello di autogestione dell'accoglienza. Nella parrocchia dell'Immacolata Concezione – Sacro Cuore di Pordenone, dopo un importante lavoro di accoglienza realizzato a favore di richiedenti asilo esclusi dai Cas o dal sistema Sprar, si è invece deciso di dedicare attenzione a chi abita nel territorio e vive un momento di difficoltà: quattro posti letto (potenzialmente ampliabili) sono stati ricavati in un appartamento realizzato nella canonica, e ospitano due nuclei familiari costituiti da mamme con figli. Infine, nella parrocchia Sant'Andrea di Pasiano è stata messa a disposizione la canonica per ospitare, anche in questo caso, una donna italiana sola con figli, e con gravi problemi di tipo psicologico e sociale.
Accanto a queste realtà è attivo, grazie alla disponibilità di un privato, un ulteriore appartamento, in cui sono accolti due nuclei costituiti da mamme sole con figli. Ma non solo. L’offerta di accoglienza abitativa e di accompagnamento sociale è molto più variegata. «Tutti gli accompagnamenti – prosegue Barachino – tengono conto della storia personale degli ospiti e delle loro risorse, di quelle territoriali e della rete di solidarietà effettivamente attivabile. Ognuno ha la propria storia e capacità diverse di adeguarsi alle situazioni: c'è chi preferisce essere accolto alla Locanda, il nostro asilo notturno che vanta 19 posti letto, perché non sopporta di stare da solo, e chi, invece, non è ancora in grado di sopportare la convivenza, e in questo caso cerchiamo di trovare posto in uno degli 8 appartamenti (4 monocamera e 4 bicamera) inseriti nel progetto Housing First, o in uno dei 4 alloggi autonomi (3 appartamenti monocamera e due bicamera) o, ancora, nei 6 minialloggi semiautonomi che abbiamo a disposizione. In totale, si tratta di circa 82 posti letto, dalle caratteristiche molto variegate, capaci di garantire risposte efficaci a domande multisettoriali. Perché per noi è certamente importante garantire un tetto sopra la testa a chi non ce l'ha, ma è ancora più importante che questo tetto sia coerente e adeguato alle necessità di chi ci vive sotto. Altrimenti il rischio è, alla lunga, di vanificare il percorso intrapreso».
 
L’unità di strada, osservare per progettare
Nel 2020 sono state 212 le persone (tra cui 38 minori) coinvolte nel progetto come beneficiarie: dalla pronta accoglienza alle accoglienze di breve, medio e lungo periodo, dai progetti di Housing First fino al sostegno all'integrazione e all'autonomia abitativa e sociale.
Molto vario è anche il ventaglio di modalità di presa in carico da parte dei servizi Caritas. Si va dall'emergenza (principalmente gestita dall'asilo notturno “La Locanda”) all'accompagnamento sociale (con ospiti indirizzati ai servizi più indicati alle loro necessità), dalla vera e propria “presa in carico” (con interventi personalizzati) fino al sostegno socio-abitativo e socio-occupazionale necessario per garantire, almeno all'inizio, percorsi d’indipendenza.
Si tratta di un’offerta di progetti impegnativa, per una diocesi relativamente piccola. «Ma ormai da più di 20 anni – continua il direttore – siamo impegnati sul fronte dell'emergenza abitativa. Un percorso lungo, a volte difficile e complicato, ma che ci ha portato a costruire un'offerta dinamica, capace di adeguarsi, in tempi quasi reali, alle necessità che man mano emergono. Merito degli operatori e dei tanti volontari che in questi anni non si sono mai tirati indietro. Un duro lavoro, che sta continuando dare frutti anche sul fronte della collaborazione con istituzioni e altri enti del terzo settore. Un esempio di collaborazione con il servizio pubblico riguarda proprio la progettazione Housing First, i cui appartamenti sono messi a disposizione dal comune di Pordenone (che sostiene anche i costi dell’accompagnamento educativo), in qualità di capofila dei servizi sociali d’ambito, in collaborazione con l’Ater, che gestisce le case popolari. E, cosa altrettanto importante, il continuo coinvolgimento delle comunità locali ci ha permesso di portare avanti un lavoro corale».
Un’altra attività che sarà implementata prossimamente riguarda le unità di strada. «Esiste già un progetto attivo – dice ancora il direttore –, gestito in collaborazione con la Croce Rossa. Fondamentalmente, però, finora si è limitato a garantire pasti e generi di conforto alle persone che dormono in strada, o in situazioni abitative emergenziali. L'idea invece è trasformare il servizio in uno strumento di osservazione, capace di intercettare tutti i bisogni che sfuggono o che, per diversi motivi, non si rivolgono ai nostri servizi. Abbiamo previsto quattro uscite a settimana, dalle 18.30 alle 20.30, di un'unità composta da due persone, a cui affiancare operatori di diversi nostri servizi, capaci dunque di vedere il conosciuto con occhi e sensibilità diverse, e capire le giuste modalità di intervento. In questa prima fase il nostro approccio sarà di pura osservazione, per raccogliere quanti più elementi possibili, da portare poi in progettazione».
 
Ettore Sutti