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Presìdi Caritas: più di seimila lavoratori assistiti   versione testuale
31 agosto 2020

Nelle campagne italiane – e non solo al sud, ma anche in molte aree del nord, come dimostra il clamoroso sequestro di una nota azienda di fragole, avvenuto a fine agosto alle porte di Milano – le cose continuano a funzionare come prima del lockdown: a raccogliere i frutti della terra ci sono molti lavoratori stranieri, spesso irregolari, per questo vittime di sfruttamento. Tutto ciò, nonostante la norma inserita dal governo nel Decreto Rilancio di maggio, allo scopo di evitare una drammatica carenza di manodopera nei campi italiani durante i mesi dei raccolti (la chiusura dei confini e l’obbligo di quarantena di 14 giorni avevano infatti interrotto il flusso dei lavoratori comunitari, per lo più provenienti dalla Romania, mentre lo stop ai movimenti tra regioni aveva bloccato i braccianti, in prevalenza extracomunitari, che al termine della raccolta degli agrumi in Calabria e Sicilia normalmente si spostano verso Puglia e Campania). Tale norma avrebbe dovuto consentire la regolarizzazione di tanti lavoratori del settore agricolo privi di permesso di soggiorno e documenti in ordine. In realtà, pochi hanno potuto utilizzare questo strumento.
Secondo Coldiretti, sono 370 mila i lavoratori regolari dall’estero che vengono impegnati ogni anno in Italia, conteggiando sia quelli a tempo pieno sia quelli temporanei e stagionali. Nel 2019, l’Inps ne ha a sua volta conteggiati 360 mila. Costituiscono circa il 35% del totale degli operai agricoli in Italia, che sfiorano gli 1,1 milioni. La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena, con una presenza che, a seconda delle varie fonti, varia tra 93 e 107 mila occupati; seguono con presenze consistenti marocchini (35.013), indiani (34.043) e albanesi (32.264), e via via molte altre nazionalità. 
Molto più difficile è stimare i lavoratori irregolari in agricoltura: si va dai 220 mila circa (di cui 40 mila extracomunitari) recentemente indicati da un’elaborazione del Sole 24 Ore, ai 400-430 mila conteggiati dall’Osservatorio “Placido Rizzotto”.
Tra costoro, figurano i 6.360 assistiti, tra 2014 e 2019, dalle 13 Caritas diocesane di tutta Italia che partecipano al Progetto Presidio, promosso da Caritas Italiana. Le Caritas territoriali coinvolte forniscono supporto materiale, ma anche orientamento ai servizi e sostegno legale: il maggior numero di utenti nel 2019, come negli anni precedenti, è stato registrato dal Presidio di Ragusa (31% del totale), seguito da quelli di Aversa, Noto, Teggiano e Oppido Mamertina.
I lavoratori intercettati sono prevalentemente maschi (86%) giovani (l’età media è pari a 34 anni e il 3,6% degli utenti è addirittura costituito da minori, presenti soprattutto dove è maggiore il numero di donne). Le nazionalità registrate fino al 2018 erano 47, con prevalenza di persone provenienti da paesi africani (Burkina Faso, Mali, Gambia, Tunisia), anche se c’è una quota significativa di lavoratori comunitari, provenienti da Romania e Bulgaria (circa 17% del totale). Il livello di scolarizzazione degli assistiti è particolarmente basso (circa l’85% ha un livello corrispondente alla scuola primaria e secondaria di primo grado, mentre il 15% presenta un livello paragonabile alle nostre scuole superiori e universitarie). Solo l’11% dei soggetti dichiara di conoscere la lingua italiana.