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Caserta, il malaffare si batte con i controlli   versione testuale
31 agosto 2020
Per capire il fenomeno dello sfruttamento della manodopera straniera in agricoltura, si può partire dall’area di Castelvolturno. Dalla definizione di un territorio che va da Napoli a Caserta, risale lungo tutto l’agro aversano e il litorale Domitio, e nel quale si alternano spazi urbani sovrappopolati, segnati da abusivismo edilizio, e vaste aree di campagna, ricche di coltivazioni. Edilizia e agricoltura, appunto. I due ambiti in cui i migranti diventano quasi sempre vittime di sfruttamento lavorativo.
«Sono settori – racconta Gianluca Castaldi, del Presidio Caritas di Caserta – nei quali c’è alto bisogno di manodopera a basso costo e il controllo della criminalità organizzata è diffuso». Nel territorio vivono 6 mila migranti, la cui presenza è stabile. «Qui si specula persino sul loro numero –avverte Castaldi –. La politica gioca spesso al rialzo con i numeri. E in questo periodo di pandemia queste attitudini si sono accentuate. Nel nostro territorio si è parlato di emergenza, di una nuova Codogno, con presenze sovrastimate. I nostri dati invece ci dicono altro. Al Presidio Caritas abbiamo registrato nella prima fase, da parte di stranieri, un considerevole aumento di richieste di aiuto alimentare e di generi di prima necessità. Abbiamo attivato due call center, avvisato le famiglie dei migranti anche con speakeraggio. I migranti non avevano più possibilità di lavorare, per molti di loro era difficile arrivare alla fine della settimana. Una situazione resa ancora più complicata dal fatto che non hanno una rete sociale. Il circuito Caritas si è mosso per tempo, e abbiamo registrato una grande generosità dei nostri concittadini, chiamati a sostenere i progetti». 

Pagati 1,28 euro all’ora
A regolarizzazione dei migranti, introdotta dal decreto Rilancio, «ha fatto venire alla luce – argomenta Castaldi – una serie di nodi legati non solo alla burocrazia, ma soprattutto al fatto che in queste situazioni sguazzano gli infami. Approfittatori, delinquenti, usurai. Pronti a offrire ai migranti scorciatoie a caro prezzo. I migranti in questo periodo di inoccupazione si sono trovati con le tasche vuote: si può facilmente immaginare quanto si incrementi l’accesso a sistemi di prestiti usurari gestiti dalla malavita».
Nella fase successiva al lockdown, poi, i migranti si sono dimostrati pronti a svolgere qualunque lavoro per una paga irrisoria. «Un’azienda di Mondragone è arrivata ad assumere 39 migranti, pagandoli 1 euro e 28 centesimi l’ora. Queste sono le forme di sfruttamento lavorativo che vanno perseguite. A partire dai responsabili, dai datori di lavoro. In quest’area, i migranti sono abituati a stabilire un contatto diretto col padrone. Spesso il caporale li accompagna soltanto e poi si ferma a lavorare. L’arruolamento alle rotonde, le kalifoo ground, avviene soltanto per la prima chiamata. Quando i migranti non lavorano nell’agricoltura, nella stagione invernale, trovano chiamata nell’edilizia. Le province di Napoli e Caserta hanno un numero elevatissimo di imprese edili. Che fanno largo uso della manodopera africana». 
 
Stefano Lampertico