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Kemo è regolare, ma a Foggia è uno dei pochi   versione testuale
31 agosto 2020
Ha perso tre decimi a un occhio e dovrà portare gli occhiali, ma ha finalmente ottenuto un contratto di lavoro regolare. Ha un sapore agrodolce il finale della storia di Kemo, bracciante del Gambia, ferito l’estate scorsa mentre si recava al lavoro nei campi del Foggiano. Niente happy end, invece, per i tanti braccianti come lui che anche quest’anno sono arrivati nella Capitanata per la raccolta del pomodoro.
Kemo era stato colpito da una pietra lanciata da un’auto il 23 luglio 2019. I medici gli avevano riscontrato una brutta frattura all’orbita e allo zigomo destri e gli avevano detto che non avrebbe più visto bene. Così, in effetti, è stato. Ma proprio durante il ricovero, il giovane gambiano ha avuto la fortuna di incontrare Khady Sene, immigrata senegalese, che la Caritas diocesana ha messo a capo dell’équipe di operatori del locale Progetto Presidio.
Una volta dimesso, Kemo è stato accolto in un centro Caritas che ospita persone senza dimora. È andato a scuola d’italiano e ha frequentato corsi di formazione professionale alla Princes Industrie Agroalimentari, la società che gestisce nell’area industriale del capoluogo foggiano il più grande stabilimento di trasformazione del pomodoro d’Europa: 500 lavoratori fissi, cui se ne aggiungono altri mille per la stagione della raccolta. Nelle scorse settimane, al termine del tirocinio, l’azienda ha comunicato che intende procedere con l’assunzione. Così il giovane potrà avere anche il permesso di soggiorno. Sorte che, invece, nemmeno quest’anno toccherà a molti altri lavoratori agricoli.
 
 
 
 
 
Tutto come un anno fa
Nell’ex fabbrica del latte dove Kemo si era accampato, sono tornati a vivere da qualche settimana diverse decine di braccianti, senza acqua e servizi igienici, in spregio ad ogni misura sanitaria anti-Covid. Ogni mattina, all’alba, vengono caricati sui furgoni dai caporali e portati nei poderi a spezzarsi la schiena sotto il sole rovente per pochi euro al giorno. La sanatoria governativa da queste parti ha fatto flop: «Finora non mi è capitato di ricevere nemmeno una richiesta da un imprenditore – racconta Khady Sene –. Non è capitato nemmeno ai miei colleghi che lavorano per i sindacati. Invece di recente ho avuto un colloquio con un giovane pakistano, terrorizzato perché non sapeva dove trovare 5 mila euro che il suo datore di lavoro gli aveva chiesto come contributo alle pratiche per la regolarizzazione. Una cosa vergognosa». 
Tutto, insomma, esattamente come un anno fa. Come se nulla fosse successo. Né la sassaiola razzista che aveva indignato la città. Né i provvedimenti del governo che avevano suscitato tante aspettative. L’“oro rosso” continua a benedire questo lembo di Puglia. E i suoi raccoglitori continuano a restare “invisibili”.
 
Francesco Chiavarini