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Noto, niente lockdown e tanto sfruttamento   versione testuale
31 agosto 2020
«Lockdown? Qui il lavoro non si è mai fermato. E nei campi lo sfruttamento continua tanto quanto prima – esordisce Roberto Castronovo, mediatore linguistico dello sportello Sipla (ex Presidio) di Noto –. Inutile dire che non tutte le aziende hanno distribuito dispositivi di sicurezza ai lavoratori. Tra fine marzo e inizio aprile siamo riusciti a distribuirne in quantità ma non tutti, purtroppo, sono stati raggiunti».
Nel territorio della diocesi di Noto vi sono terre di primaria importanza per la produzione di ortaggi (come il celebre pomodoro ciliegino), di frutta e di vini, e operano alcune grandi aziende che riforniscono la grande distribuzione o appartengono a filiere del bio e del green: «Queste imprese operano molto bene, garantendo non solo la qualità del prodotto, ma anche il rispetto delle norme sindacali e di sicurezza dei lavoratori». Discorso diverso, invece, per la miriade di piccole e piccolissime aziende, spesso a conduzione familiare, dove è più facile si annidino le irregolarità. L’assenza di un consorzio solido toglie forza contrattuale ai produttori. Così le piccole aziende, soggette anche alla pressione mafiosa, sono costrette ad accettare prezzi stracciati o contratti capestro. A cascata, ciò si riversa su chi lavora nei campi.
 
Regolarizzazione per pochi
Dopo il periodo dell’emergenza, durante il quale il Presidio Caritas ha fornito aiuti ai lavoratori irregolari e alle loro famiglie sparsi nelle campagne, nemmeno la regolarizzazione varata dal governo ha cambiato molto le cose. «Per alcune persone è stata una salvezza – spiega Castronovo –, ma per molti lavoratori, soprattutto nordafricani, ha significato solo la promessa di un permesso di soggiorno, fatta in cambio di somme di denaro versate a “mediatori”, spesso connazionali, che il più delle volte sono quegli stessi caporali che procurano manodopera a basso costo e non contrattualizzata alle aziende. Non a caso in questi mesi abbiamo assistito a una vera e propria proliferazione di piccoli patronati, la maggior parte poi chiusi dalle forze dell’ordine, che dietro pagamento promettevano un contratto di lavoro e la regolarizzazione. Nulla di nuovo, in realtà rispetto a quanto già successo in passato e a quanto succede normalmente».
Un quadro a tinte fosche, dunque, quello che arriva dalle campagne di Pachino e di altri importanti centri agrari. Ma con un raggio di speranza: «Sul territorio la presenza dello Stato, grazie alle forze dell’ordine – conclude Castronovo –, si sta facendo sempre più sentire. E anche il coordinamento con il privato sociale sta dando i primi frutti». Segnali non risolutivi, ma incoraggianti.

Ettore Sutti