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Nelle campagne di Ragusa soffrono anche i bambini   versione testuale
31 agosto 2020
Una terra fertile, benedetta da un clima ideale per far crescere ortaggi e frutta di qualità. E un pulviscolo di piccole aziende, e migliaia di addetti ai campi, tra i quali molti irregolari, non raccolti come altrove – in Calabria e Puglia – in grandi concentrazioni, ma isolati nelle campagne, e per questo per certi aspetti ancora più vulnerabili. «Nel nostro territorio – racconta Vincenzo La Monica, responsabile del Presidio di Ragusa – sono presenti molte serre, i lavoratori non sono stagionali e hanno tre provenienze prevalenti: sono magrebini (presenti da 3-4 decenni ), rumeni, arrivati una quindicina di anni fa, e albanesi. Numerosi sono i nuclei familiari: le loro condizioni di vita spesso sono durissime, non c’è solo il tema dello sfruttamento lavorativo e degli abusi sui genitori, ma c’è anche la questione dell’elusione scolastica e della negazione del diritto al gioco dei piccoli. Anche quando frequentano la scuola di fatto, vivendo lontano dai centri abitati e in proprietà private, questi ultimi sono spesso impossibilitati a socializzare con compagni di scuola e altri bambini».
Sono 4-5 mila le persone che vivono nei dintorni di Vittoria, il principale centro agricolo del territorio diocesano, e il disagio abitativo è uno dei tanti problemi che devono affrontare. Vivono in magazzini, capanni per attrezzi e stalle riadattate, in condizioni abitative che la classificazione europea Ethos definisce da senza dimora. «Altra questione spinosa – prosegue La Monica – sono i contratti: negli ultimi anni alcune cose sono cambiate, ci sono più controlli e la legge per contrastare il caporalato è stata abbastanza applicata. Oggi quasi tutti i lavoratori hanno dei contratti, il problema è che spesso non vengono rispettati per quanto riguarda orari e salari. La paga sindacale dovrebbe essere di circa 60 euro al giorno, ma la maggior parte dei braccianti ne percepisce 30. Dovrebbero lavorare 7 ore, ne lavorano 8-10. Dunque finiscono per guadagnare poco meno di 4 euro l’ora. E poi c’è il problema legato ai trasporti. La maggior parte di loro non ha mezzi propri. Per recarsi nei centri abitati, se hanno bisogno del medico, di rinnovare il permesso di soggiorno o semplicemente per fare la spesa, sono costretti a ricorrere al caporalato dei trasporti».
 
Stato più presente, ma non basta
La sede del Presidio ragusano è aperta un giorno a settimana: sono presenti un avvocato, un medico e un infermiere. Il giovedì è dedicato ai minori: vengono organizzati laboratori e altre attività per favorire la socializzazione. Il lunedì, invece, spesso è dedicato alle visite alle famiglie dei lavoratori nelle loro abitazioni.
«Negli ultimi anni, grazie ai controlli, si percepisce maggiormente la presenza dello Stato; la Prefettura lavora al coordinamento di iniziative in favore dei lavoratori agricoli e per contrastare lo sfruttamento. Ma il tessuto economico è debole. Ognuno sta cercando di fare la propria parte, comprese le associazioni di categoria, che sensibilizzano i datori di lavoro loro associati. Ma non è facile: il piccolo produttore, prevalente nel nostro territorio, in base a un modello che in passato aveva prodotto benessere, negli ultimi 25 anni è andato sempre più indebolendosi». E si trova dunque sempre più esposto alle pressioni e ai condizionamenti della filiera agricola, a cui cerca di sopravvivere comprimendo i diritti del bracciante: un circolo vizioso, che è arduo, ma sarebbe quanto mai necessario spezzare.
 
Maria Assunta Casati