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L'esperienza del network Caritas   versione testuale

La rete di solidarietà nelle emergenze della Chiesa cattolica si avvale dell'organizzazione delle diverse Caritas nazionali, federate in Caritas Internationalis (162 membri).

Pur nella differente impostazione di alcune Caritas, una presenza così capillare in tutto il mondo permette di gestire le situazioni di emergenza con modalità organiche e abbastanza rispondenti ai requisiti sopra richiamati. Innanzitutto c'è sempre una realtà locale che può e deve essere il primo tramite per l'informazione costante e la gestione dei primi interventi. In secondo luogo, nelle situazioni più gravi, si concorda una agenzia di collegamento tra le diverse Caritas, con lo scopo di favorire il coordinamento degli interventi e un supporto alla Caritas delle zone disastrate. Infine i piani di solidarietà si distendono nei mesi e, a volte, negli anni, valorizzando le diverse competenze ed attitudini presenti nella rete.

In particolare Caritas Italiana non dispone di altissime competenze tecniche, ma può mettere a disposizione una notevole esperienza di interventi nel medio-lungo termine, che valorizzano le diverse risorse rese disponibili dalle Caritas diocesane e, più in generale, dalla solidarietà della gente.

Un problema grave con cui si è dovuto fare i conti è l'abuso del nome e del logo "Caritas" da parte di enti e singoli che con la Caritas nulla avevano a che fare. La tutela è difficile e il danno d'immagine patito in alcune situazioni è difficilmente sanabile.

In coerenza con la prevalente "funzione pedagogica", ricordiamo che il valore principale non sta nel denaro offerto e nell'efficacia degli aiuti che esso può consentire, ma nella fraternità che esso esprime e nell'amore che fa crescere e mette in circolazione. Ora, affinché questa efficacia si esprima e cresca, è necessario che le Caritas non si limitino a proporre una raccolta di fondi, ma facciano conoscere alla comunità le situazioni di dolore, le cause sottostanti e le possibili risposte.

Bisogna stimolare la nostra gente a riconoscere che, in questo scambio di fraternità con le popolazioni in sofferenza, chi riceve maggior aiuto siamo noi, perché siamo indotti a rivedere il nostro stile di vita, spesso basato su falsi valori, e a riscoprire un'esistenza più sobria, più genuina, più libera, più aperta al mondo. In questo modo siamo sale e fermento di una nuova umanità, che avrà sempre meno bisogno di "aiuto umanitario".