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Venerdì 4 Marzo 2016
Darfur dimenticato: gli aiuti della Caritas   versione testuale


Negli ultimi mesi il Darfur, regione occidentale del Sudan,  dato per pacificato o quasi dal governo sudanese e praticamente sparito anche dalle pagine dei mass media più attenti alle questioni africane, è ritornato d’attualità per una ripresa intensificata dei bombardamenti da parte del governo di Khartoum, che hanno preso di mira le postazioni militari dell’esercito ribelle locale nella zona del Jebel Marra e la popolazione civile, senza distinzione. Un’azione militare devastante, degna dei conflitti più sanguinosi, quale, in effetti, quello del Darfur non ha mai smesso di essere.
Nel mese di gennaio 2016, secondo un comunicato della missione dell’Onu in Darfur (UNAMID), 8.403 persone hanno cercato rifugio e protezione presso la loro base, per sfuggire ai bombardamenti, nella regione del Nord Darfur; oltre 2.000 persone sono state sfollate nella zona di Tawila. Questa nuova escalation militare, che perdura senza soluzione di continuità dalla guerra civile iniziata nel 2003 (con un nuovo impeto dopo l’indipendenza del Sud Sudan, nel 2011), lascia poche speranze per una soluzione del conflitto e per prospettive future di pacificazione e riconciliazione nella regione. Continuano senza sosta azioni armate, stupri e violazioni massive dei diritti fondamentali.
 
Purtroppo si può affermare che, a dieci anni dallo scoppio del conflitto, la situazione si è aggravata sia come estensione geografica che per la presenza di milizie di varia tipologia e provenienza. Sono  oltre 3 milioni (38% della popolazione) le persone che vivono in condizioni di povertà estrema e che necessitano di assistenza per i bisogni primari.
Molti sono sfollati e rifugiati che vivono ormai da anni in campi o presso famiglie ospitanti.  
Tra le cause del conflitto vi è anche la recente scoperta dell’oro e la ricchezza di acqua nel sottosuolo in una regione desertica colpita spesso da siccità come sta ora avvenendo in Sudan ed altri paesi dell’Africa (Etiopia, Zimbabwe ed altri) a causa del fenomeno meteorologico di “El Nino”.  Tutto questo  aggrava la già precaria situazione della popolazione che si trova privata del bestiame e dei raccolti e costretta a subire il rialzo dei prezzi dei beni alimentari. 
 
In questo contesto di estrema precarietà, continua incessante da dieci anni, l’azione di Caritas in collaborazione con ACT Alliance, Norvegian Church Aid e alcune ONG sudanesi, nella speranza che finalmente si possa trovare una soluzione politica agli scontri in atto e si creino le condizioni per un uso condiviso e pacifico delle risorse naturali presenti nella zona.  Il programma per il 2016 prevede un aiuto ad oltre 500.000 persone, soprattutto sfollati, ma anche persone che rientrano  nelle terre di origine e comunità rurali e di pastori. 
Caritas Italiana segue e appoggia da molti anni gli interventi in atto e per il 2016 ha stanziato un contributo di 40.000 euro. 
Gli interventi si rivolgono in particolare ad attività di igiene e supporto nutrizionale, soprattutto per i bambini; distribuzione di acqua potabile, costruzione di pozzi e latrine; distribuzione di cibo e rafforzamento dei mezzi di sussistenza per le popolazioni locali; miglioramento delle capacità degli operatori umanitari locali (gli unici autorizzati a operare sul terreno), per la sostenibilità nel tempo degli interventi. Dato il protrarsi della crisi le azioni sono finalizzate il più possibile ad eliminare o almeno ridurre il bisogno di assistenza rafforzando le autonome capacità di sostentamento delle comunità locali. 

Foto: Annie Bungerouth/ACT-Caritas