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Percorsi di regolarità, strada da rafforzare   versione testuale
16 ottobre 2020

Nell’edizione 2020 del Rapporto Immigrazione Caritas-Migrantes, presentata lo scorso 8 ottobre a Roma, accanto ai dati forniti dalle fonti ufficiali e posti alla base dell’analisi dei vari ambiti tematici, trovano spazio una serie di raccomandazioni su diversi argomenti (dinamiche internazionali ed europee della migrazione, regolarità e irregolarità in Italia, lavoro, istruzione, religione, comunicazione, giustizia, integrazione, economia). Esse convergono in una imprescindibile e unanime richiesta, rivolta alla politica nazionale e continentale: è ora di rafforzare i percorsi di regolarità dei cittadini stranieri; di ampliarne le competenze e professionalità; di supportare a tal fine i giovani e i minori nei loro percorsi scolastici, ulteriormente infragiliti dall’impatto della pandemia.
La presenza di cittadini stranieri in Italia, sulla base di quanto emerge dal Rapporto (significativamente intitolato Conoscere per comprendere e ricco di esaurienti schede regionali), continua a mostrare segni di vivacità e tenuta: compensa la tendenza al calo annuale della popolazione italiana, ha un’età mediamente più giovane, fa registrare un tasso occupazionale più elevato di quello degli italiani anche fra le fasce più giovani (e di converso un tasso di inattività più contenuto); infine alimenta un’incidenza sempre crescente di imprese sul totale delle imprese attive in Italia (oltre il 12%).
Accanto a queste potenzialità, emergono però anche tante debolezze: il tasso di natalità scende anche nella popolazione straniera, così come continuano la segregazione occupazionale, il debole inserimento professionale delle donne (soprattutto appartenenti ad alcune nazionalità), l’elevato tasso di incidenti sul lavoro (soprattutto di quelli con esito mortale), la maggiore incidenza dell’abbandono e del ritardo scolastico fra gli studenti.
Occorre perciò intensificare gli sforzi per non disperdere il fondamentale apporto dei migranti, agendo in direzione del rafforzamento dei percorsi di regolarità dei cittadini stranieri: detenere o mantenere un permesso di soggiorno è la prima condizione per una stabilizzazione della presenza per sé stessi e per la propria famiglia.
 
Regolarizzazione, vera opportunità?
Un importante passo in questa direzione si era registrato già con il varo, lo scorso giugno, della procedura di regolarizzazione destinata a chi non fosse riuscito a convertire o rinnovare un permesso di soggiorno in precedenza detenuto, ovvero a chi stesse già svolgendo un’attività lavorativa in uno dei settori indicati dal provvedimento, pur non avendo mai detenuto in precedenza un permesso di soggiorno. Come si può leggere nel Rapporto, la procedura ha consentito la presentazione di oltre 200 mila domande, la maggior parte delle quali (85%) per lavoro nel settore domestico. Bene dunque la strada intrapresa, ma, come rilevato da Caritas Italiana insieme ad altre organizzazioni, si poteva fare qualcosa in più, a partire dall’allargamento ad altri settori produttivi e dei servizi in cui si registra un rilevante inserimento di cittadini stranieri (edilizia, commercio, turismo). Peraltro bisognerà attendere l’esito definitivo delle domande per capire se questa regolarizzazione sia stata una vera opportunità per i lavoratori, oppure un’occasione mancata.
Poi è stata la volta, lo scorso 5 ottobre 2020, dell’approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, di un decreto legge relativo, tra gli altri temi, a Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, che riscrive le disposizioni contenute nei decreti Salvini (e convertite nelle leggi 132/2018 e 138/2019). Nel decreto sono contenute diverse importanti novità, che vanno dal riconoscimento di maggiori tutele per i titolari di permesso di soggiorno, favorendo la continuità dei percorsi di integrazione, a importanti disposizioni in materia di protezione. Preme sottolineare, però, come su alcuni argomenti non si è avuto il coraggio politico di intervenire come auspicato. Le operazioni di soccorso in mare, infatti, sono normate con lo stesso spirito “rigorista” del decreto Salvini: si mira a controllare e perseguire le ong, invece di prevedere un sistema congiunto tra autorità e ong di soccorso e salvataggio in mare.
 
Nella direzione auspicata
Nonostante queste lacune, il decreto del 5 ottobre contiene diverse proposte riguardanti il diritto d’asilo e l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, che vanno nella direzione auspicata, nel recente passato, da Caritas Italiana e da molti altri organismi del terzo settore. I principali contenuti del decreto possono essere così riassunti e valutati: 
  • ripristino di fatto di un permesso di soggiorno per motivi umanitari (abrogato dal decreto Salvini n. 113/2018), che d’ora in poi si chiamerà “protezione speciale”. Questo tipo di permesso verrà concesso agli stranieri che presentano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o “risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”. La protezione tornerà ad avere la durata di due anni e non sarà una mera estensione dei permessi ai casi speciali introdotti dal primo decreto sicurezza. Inoltre la protezione speciale e altre forme di protezione diventano convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro: “Sono convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti”, i permessi di soggiorno “per protezione speciale, per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi, per assistenza minori”. Positiva è l’estensione delle facoltà collegate al permesso per protezione speciale: trovano finalmente spazio i percorsi di integrazione già positivamente avviati dalla persona ai fini del rilascio del permesso;
  • reintroduzione, sulla scorta del pronunciamento della Corte Costituzionale, del diritto all’iscrizione anagrafica dei richiedenti la protezione internazionale, che attribuisce loro la carta d’identità e gli consente di accedere ai diritti collegati alla residenza, facilitando anche la formale costituzione di rapporti di lavoro;
  • anche sul tema minori non accompagnati si segnalano importanti passi in avanti: nella procedura di conversione del permesso di soggiorno per minore età, viene reintrodotto il meccanismo del silenzio assenso relativo al rilascio del nulla osta per la conversione del permesso stesso (mentre il decr 132/2018 l’aveva subordinato all’espresso parere del Comitato minori stranieri). Inoltre viene chiarito che i neomaggiorenni in prosieguo amministrativo possano accedere al nuovo sistema di accoglienza Sai – Sistema di accoglienza e di integrazione (ex Sprar/Siproimi);
  • nel sistema di accoglienza facente capo ai comuni, che cambia di nuovo denominazione (da Sprar e Sipromi al nuovo Sai - Sistema di accoglienza e di integrazione), potranno essere inseriti nuovamente i richiedenti la protezione internazionale, oltre ai minori stranieri non accompagnati e ai titolari di protezione internazionale e dei vari permessi di soggiorno introdotti o modificati dal decreto n. 113/2018 (ovvero quelli per protezione speciale, cure mediche, protezione sociale, violenza domestica, calamità, particolare sfruttamento lavorativo, atti di particolare valore civile, casi speciali - ex titolari di protezione umanitaria);
  • sul fronte dell’accoglienza appare inoltre molto importante la reintroduzione di azioni di supporto e di accompagnamento del richiedente la protezione internazionale accolto nei centri governativi di prima accoglienza e in quelli di accoglienza straordinaria. Vengono in altre parole reintrodotti tutti i servizi che erano stati cancellati dai decreti Salvini: “l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio”;
  • i termini di trattenimento coatto nei centri per il rimpatrio dei migranti irregolari sono stati ridotti: tornano ai 90 giorni (più 30 di eventuale proroga) previsti prima delle modifiche del d.l. 113/2018 e viene introdotta una scala di priorità per l’applicazione della misure restrittive, basata essenzialmente sulla pericolosità sociale desunta da condanne anche non definitive per determinati reati;
  • anche la cittadinanza è un ambito nel quale sono state introdotte delle modifiche migliorative, pur se assai tiepide. Il termine di definizione dei procedimenti aventi ad oggetto la richiesta di cittadinanza italiana, portato con il decreto sicurezza n. 113/2018 a 48 mesi, viene ridotto a 36 mesi: il nuovo termine, tuttavia, sarà applicabile solo alle richieste di cittadinanza presentate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge contenente la modifica normativa;
  • con riferimento alle attività di soccorso in mare, si stabiliscono nuove norme sulla competenza ad adottare i provvedimenti di limitazione o il divieto del transito e della sosta delle navi. Si prevede che tali misure siano disposte non dal ministro dell’interno, bensì dal “ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta del ministro dell’interno di concerto con il ministro della difesa e previa informazione al presidente del consiglio”. Viene inoltre chiarito che tali provvedimenti di limitazione o divieto trovano un limite nell’effettuazione delle operazioni di soccorso, che siano “immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare, emesse in base agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare nonché dello statuto dei rifugiati, fermo restando quanto previsto dal Protocollo addizionale della Convenzione della Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria”. Nel solco delle osservazioni che erano state sollevate rispetto ai precedenti decreti dal presidente della repubblica Sergio Mattarella si inquadra il passaggio dall’ammenda amministrativa, che arrivava fino a un milione per chi avesse salvato i migranti in mare, alla multa compresa tra 10 e 50mila euro, applicabile solo al termine di regolare processo penale. Inoltre non è più prevista la confisca della nave, a condizione però che le navi che fanno salvataggi in mare lo comunichino alle autorità italiane e nel caso di navi straniere al proprio paese di appartenenza. In caso di violazione di queste condizioni, le organizzazioni sarebbero perseguibili penalmente.
Ulteriori passaggi, non più rinviabili
Queste dunque, in sintesi, le principali modifiche, introdotte non solo per adattare il contenuto dei decreti sicurezza al disposto costituzionale, come sollecitato dal presidente Mattarella, e per conformarsi all’intervento della stessa Corte Costituzionale (in materia di iscrizione anagrafica), ma anche per ripristinare diritti e facoltà collegate ai permessi di soggiorno, come la conversione in permessi di lavoro. Importante è inoltre aver previsto tale facoltà anche per permessi di soggiorno esistenti nel nostro ordinamento già prima delle modifiche introdotte dai decreti Salvini, come quello rilasciato al genitore che assiste un figlio in cura in Italia.
Molte delle riforme contenute nel decreto legge vanno dunque nella direzione del mantenimento della regolarità del soggiorno dei cittadini stranieri, sia per ragioni di diritto e di equità che per buonsenso, come nel caso del (finalmente) riconoscibile livello di integrazione raggiunto in Italia ai fini del rilascio del permesso di protezione speciale.
Si può dunque riconoscere la volontà, da parte dell’attuale esecutivo, di segnare un’evidente discontinuità con il passato e di avviare un processo di riforma sostanziale del sistema italiano. Proprio per questo è lecito attendersi ulteriori passaggi normativi, che non possono essere più rinviati, a partire dall’urgente approvazione della legge sulla cittadinanza, che da troppi anni è chiusa in un cassetto.
 
Manuela De Marco