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Mai più soli: pane e relazioni per le famiglie   versione testuale
8 giugno 2020

La diocesi di Pozzuoli comprende circa 500 mila abitanti. Ne fa parte una porzione di Napoli città, in particolare i territori della IX municipalità (Soccavo e Pianura) e della X municipalità (Fuorigrotta e Bagnoli), nonché i comuni di Pozzuoli, Quarto, Bacoli, Monte di Procida e parte del comune di Marano. Insomma, una Caritas metropolitana in piena regola, la cui rete comprende 68 parrocchie.
«Fin dall’inizio dell’epidemia e ancora oggi nel nostro territorio la necessità alimentare è stata molto forte e ha capitalizzato molte energie della diocesi. Anzi – spiega Ciro Grassini, coordinatore dei servizi Caritas e responsabile dell’Osservatorio sulle povertà e le risorse – oggi è persino aumentata. Il motivo è presto detto. All’inizio e durante tutto il lockdown abbiamo potuto contare su una fitta rete di donazioni, sia di cibo che di denaro. Abbiamo anche faticato a smaltire gli alimenti che ci arrivavano. Ma quando tutto è cominciato a ripartire, molti dei nostri donatori, la maggioranza, sono scomparsi. Non per cattiveria, ma perché anche loro si sono impoveriti. Altri hanno paura della crisi e cercano comprensibilmente di risparmiare. Altri sono stati colpiti solo a fine lockdown. Il risultato è che le persone in necessità non sono diminuite, al contrario sono aumentate. Ma le risorse sono minori».
 
O mangi, o paghi l’affitto
La Caritas di Pozzuoli, prima della crisi, assisteva più di 1.500 famiglie in un anno. Con la comparsa del Covid-19, in due mesi ne ha dovute supportare oltre mille. «A segnalarci le situazioni di maggiore gravità sono state soprattutto le 68 parrocchie, sono le nostre antenne sul territorio. Chi prima si rivolgeva ai centri di ascolto, ha potuto continuare a farlo in modalità diverse (con il telefono), ma le parrocchie non hanno smesso di ricevere le domande di assistenza. I servizi sociali del Comune ci hanno chiesto di prendere in carico, da un punto di vista alimentare, diverse situazioni familiari. E poi ci sono state tante famiglie che non si erano mai accostate alla Caritas, che hanno chiesto con molta vergogna l’aiuto per mangiare. Sono i lavoratori in nero, vera piaga di queste zone: loro hanno immediatamente perso il lavoro».
Come nelle altre Caritas, anche a Pozzuoli c’è stata da subito una carenza di volontari – nella normalità almeno un centinaio – perché gli anziani sono stati messi in confinamento. I volontari hanno tutti età avanzate. «Ne abbiamo attivi solo una decina, al momento. Non sono stati in numero sufficiente per il servizio di pranzo a domicilio che abbiamo attivato. Così abbiamo dato mandato ad alcuni supermercati di confezionare la spesa, poi la Protezione civile la portava nelle case delle persone che non potevano uscire: anziani, malati, disabili, ma anche famiglie. Abbiamo potuto riconvertire solo una mensa fra quelle che avevamo. Qui preparavamo i pacchi, che le persone senza dimora venivano a ritirare. Noi non abbiamo strutture di accoglienza per le persone senza casa. Gravitano tutte su Napoli. Da noi molti vengono a mangiare. Stiamo pensando di aprire la seconda mensa in questi giorni».
L'altro bisogno molto forte registrato nella diocesi di Pozzuoli è la difficoltà a pagare gli affitti e le utenze delle abitazioni. «Il lavoro nero è una componente forte nel nostro territorio. Molte famiglie l’hanno perso subito e hanno accusato il colpo, rischiavano di perdere anche la casa perché non potevano pagare l’affitto. Qui ci sono famiglie numerose, nuclei di 6 e anche 7 persone. A un certo punto, o dai da mangiare o paghi l’affitto. Così la Caritas diocesana si è fatta carico, e lo sta facendo, di tante famiglie. Basti pensare che abbiamo versato fra i 50 e i 60 mila euro solo per pagare gli affitti nei due mesi di lockdown. Gli affitti, da noi, costano mediamente sui 500-600 euro. Il problema è che anche gli affitti sono in nero e noi possiamo pagare solo quelli in regola. Spesso però il padrone della casa si rifiuta di stipulare un contratto regolare e questo è un enorme problema su cui stiamo lavorando, per fare emergere e mettere in regola i casi, ma non è facile».
 
Alfabetizzazione per anziani, prevenzione per famiglie
Prima dell’epidemia la Caritas diocesana aveva approntato un servizio per famiglie, anziani e disabili; si intitolava “Mai più soli”. «È stato profetico – commenta Grassini –. Lo abbiamo riconvertito e adesso sostiene i soggetti più fragili. Era un servizio fondato sull’ascolto e su interventi di prossimità. Con il Covid lo abbiamo reso online e ha funzionato. Abbiamo fatto alfabetizzazione digitale per anziani, disabili e famiglie, in modo da renderli capaci di usare i device e di attivare gruppi whatsapp. Abbiamo raggiunto 150 anziani in una settimana che erano in solitudine e vivevano soli. Ci parlavamo, li ascoltavamo, davamo loro consigli su come gestire la sanificazione degli ambienti e l’igiene personale. Ma era anche un modo per intrattenerli: gli raccontavamo il santo del giorno, o li lasciavamo sfogare con le loro paure. Ai gruppi che abbiamo attivato con le famiglie, invece, partecipavano una psicologa e un’operatrice di mediazione familiare: sono state un supporto essenziale per chi si doveva misurare con novità alle volte spiazzanti. O anche solo con la didattica a distanza: per molti genitori era difficile capire come attivare le piattaforme della Dad. Altre famiglie non avevano il computer e li abbiamo forniti noi. Sempre per le famiglie abbiamo organizzato chiamate collettive, nelle quali ci si incontrava tutti insieme, con psicologa e mediatrice familiare, anche per agire sulla prevenzione di eventuali conflitti». Perché, anche durante il lockdown, si vive di pane. Ma non solo di quello.
 
Daniela Palumbo