Home Page » Attivita' » Progetti » Italia » Emergenza COVID-19 » L'impegno Caritas » In Italia » Sfruttati (nei campi) a tempo pieno » Saluzzo sgombera, braccianti in strada 
Saluzzo sgombera, braccianti in strada   versione testuale
31 agosto 2020
Erano le 6.30 di mattina del 2 luglio quando le forze dell’ordine hanno iniziato lo sgombero dei braccianti accampati a dormire nel parco comunale di Saluzzo (Cuneo). Qualcuno si era già alzato ed era partito, per raggiungere i campi nei paesi dei dintorni. Qualcun altro lo avrebbe fatto di lì a poco, altri ancora avevano in mano una promessa di lavoro per la stagione ed erano lì ad aspettare il loro momento.
Ogni estate nel cuneese arrivano centinaia di migranti per lavorare come braccianti nei campi. Solitamente la Caritas diocesana, presente tra loro per garantire assistenza sanitaria e legale, montava tendoni per l’accoglienza. Quest’anno, causa Covid, il campo è stato vietato. Risultato: i migranti si trovano lo stesso a dormire tutti insieme, ma all’addiaccio. Si è arrivati addirittura al presidio militare del Foro Boario, la zona di Saluzzo che solitamente accoglieva l’accampamento, per impedire l’entrata ai migranti. Ai quali non è rimasto che accamparsi in centro, sotto un condominio, davanti ai negozi.
Intanto i braccianti continuano ad arrivare. Alcuni per cercare lavoro, senza un contratto in mano. Ci sono anche quelli che il contratto non lo avranno, o lo avranno per alcune ore, o non avranno comunque coperti i periodi tra una raccolta e l’altra. Finita la raccolta dei mirtilli, per esempio, prima che inizi quella delle pesche c’è una pausa: i braccianti dove possono andare?
«La possibilità di regolarizzarsi era apparsa un primo passo – commenta Virginia Sabbatini, coordinatrice del Presidio Caritas, che lavora con la rete Saluzzo Migrante –. Abbiamo ricevuto molte richieste di aiuto da molti che hanno visto la speranza, dopo dieci anni di lavoro senza contratto regolare, di poter finalmente sistemare la propria situazione. Ma quasi nessuno di loro è riuscito a trovare una sponda nel datore di lavoro». Qualche esperienza positiva c’è stata. «Un imprenditore ci ha chiamato per mettere in regola uno dei suoi ragazzi che lavora con lui da cinque stagioni. “Possiamo fare in modo che non si disperi più?”, ci ha chiesto in piemontese. Con in nostro aiuto sono riusciti a sbrogliarsi tra carte e burocrazie».
 
Trattati come pacchi
Ma l’operazione di sgombero del 2 luglio ha complicato tutto. «L’intervento avrebbe dovuto dividere i braccianti in gruppi più piccoli e avvicinarli ai luoghi dove lavorano. Peccato che ai sindaci interessati non era  stato dato alcun preavviso per trovare un luogo adatto all’accoglienza. Si è persa ancora una volta l’occasione di dare dignità, le persone sono state trattate come pacchi ».
A molti è stato dato anche il foglio di via: divieto di rientrare a Saluzzo per due anni. E così Ahmed (nome di fantasia) la sera dopo lo sgombero piangeva: «In dieci anni non ho mai avuto il permesso di soggiorno, ma ho sempre trovato lavoro nella stessa azienda. Quest’anno ero felice perché pensavo che finalmente avrei potuto mettermi in regola, il datore di lavoro me l’aveva promesso, mi ha fatto venire, e invece non ho avuto niente. Ora mi dicono che me ne devo andare dall’Italia, ma sono dieci anni che vivo qui. Dove posso andare?».

Marta Zanella