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Speranza ai fratelli, questa è la sfida   versione testuale
17 novembre 2020

La mattina del 26 novembre di un anno fa, buona parte dell’Albania si è svegliata sotto le macerie, in modo particolare le prefetture di Tirana, Durazzo e Lezhe. Dopo un primo momento di sbandamento, subito la Chiesa ha accolto, attraverso Caritas Albania, il grido di dolore della popolazione, e ha cercato di rispondere immediatamente ai bisogni di fedeli e cittadini.
Sono stati giorni intensi di lavoro, per offrire interventi appropriati, in termini di aiuto materiale e sostegno psicologico. Ancora una volta la Chiesa, in tutte le sue componenti, specie i giovani, ha mostrato grande solidarietà: si sono aperte le porte delle case, degli istituti religiosi e delle parrocchie a tutti coloro che avevano bisogno, senza distinzioni di fede.
Durante questo anno si è passati dalla fase dell’emergenza a quella della ricostruzione. Il costante dialogo con le autorità civili ha fatto sì che Caritas Albania entrasse nella rete di coordinamento e, in agosto, è stato firmato un accordo con lo Stato per permettere un’attività di ricostruzione delle case esonerata dall’Iva.
Certo, rimane ancora molto da fare: la ricostruzione è lenta, a causa anche di problemi legislativi e burocratici; l’impegno della Chiesa verso la popolazione però prosegue, mediante progetti e microprogetti, soprattutto grazie al contributo della Chiesa cattolica italiana.
Dall’inizio del 2020, la pandemia ha ulteriormente messo a dura prova il popolo albanese, sia sul piano economico, sia sul versante sociale e psicologico. La fragile economia non ha retto alla chiusura: in pochi mesi abbiamo assistito alla chiusura di molti negozi, e molte famiglie sono finite sul lastrico. Stiamo assistendo a un vero e proprio impoverimento della popolazione, che si aggiunge alla già drammatica situazione dovuta alla fuga in massa all’estero di tante famiglie, soprattutto giovani. Sono aumentate le persone che bussano alle porte delle Caritas diocesane, chiedendo non solo cibo, ma anche denaro per poter pagare la corrente elettrica, l’acqua, le medicine e le analisi cliniche.
 
Investire sui giovani
La nuova enciclica di papa Francesco, Fratelli tutti, affronta con la stessa genialità del Vangelo la situazione della contemporaneità, invitandoci a riconoscere il male presente nel mondo, ma soprattutto a vedere nella paternità di Dio il rimedio a questi mali. La fraternità universale, conseguenza della paternità universale di Dio, è la vera chiave risolutiva dei problemi, perché alla sua luce si manifestano più chiaramente la dignità dell’uomo e la sua bontà, come anche la caducità delle logiche di sopraffazione sul prossimo e sul creato.
«Al di sopra di tutto ci sia la carità»: non c’è parola più ispirata, più vera e autentica di questa dell’apostolo Paolo, riguardo all’attuale fase storica albanese. La Caritas è chiamata ogni giorno a chinarsi dinanzi all’uomo bisognoso per servirlo, amarlo, accudirlo e riconoscere in lui il volto sofferente di Cristo.
Le sfide sono tante: la popolazione è delusa e sfiduciata nei confronti delle istituzioni. In tanti vogliono lasciare il paese, in modo particolare i giovani, ma anche famiglie intere, proprio perché non vedono un futuro in Albania.
Dare speranza, questa è la vera sfida! Ciò comporta un impegno serio, mediante un accurato investimento sulle nuove generazioni, attraverso progetti di sviluppo socioeconomico, ma soprattutto attraverso la scuola. Ancora oggi, tanti ragazzi non possono accedere all’istruzione, per mancanza di fondi. Le famiglie sono costrette sovente a vendere tutto, persino il bestiame, per sostenere i figli nel loro percorso universitario.
Ma vale la pena dare la vita per gli ultimi, poiché senza alcun dubbio siamo Fratelli tutti. Visitando l’Albania, papa Francesco ebbe a dire: «Oggi sono venuto (…) per incoraggiarvi a far crescere la speranza dentro di voi e intorno a voi. Non dimenticatevi l’aquila. L’aquila non dimentica il nido, ma vola alto. Volate alto! Andate su! Sono venuto per incoraggiarvi a coinvolgere le nuove generazioni; a nutrirvi assiduamente della Parola di Dio, aprendo i vostri cuori a Cristo, al Vangelo, all’incontro con Dio, all’incontro fra voi come già fate: mediante questo vostro incontrarvi, voi date testimonianza a tutta l’Europa»
Credo che non dobbiamo mai perdere la speranza, ma infondere nella nostra gente la fiducia che Cristo è la nostra speranza. E la consapevolezza che da soli non possiamo mai farcela e che ogni cristiano deve essere un dono per l’altro, proprio come ci ricorda papa Francesco: «Gesù è il dono di Dio per noi e, se lo accogliamo, anche noi possiamo diventarlo per gli altri (…), prima di tutto per coloro che non hanno mai sperimentato attenzione e tenerezza».
 
Monsignor Angelo Massafra Ofm 
arcivescovo metropolita di Scutari-Pult e presidente di Caritas Albania