Home Page » Attivita' » Progetti » Italia » Emergenza COVID-19 » L'impegno Caritas » Nel mondo » Tunisia: controllo ai robot, il futuro spaventa » Sanità peggiorata, in quantità e qualità 
Sanità peggiorata, in quantità e qualità   versione testuale
5 maggio 2020
Come molti servizi essenziali, fra cui scuola e trasporti, la sanità pubblica tunisina vive da anni una crisi permanente, che si manifesta in una sua netta riduzione degli standard qualitativi e quantitativi. Una minima ed equa sanità pubblica era la pietra angolare del regime autoritario di Ben Ali, erede dello ‘’stato-mamma’’ di Habib Bourguiba. Il rais affiancava alle pesanti misure repressive e al capillare controllo poliziesco l’erogazione di servizi in chiave assistenzialistica, tesi a stemperare le tensioni sociali e ridurre le istanze di liberalizzazione della vita politica. La crisi finanziaria del 2007-2008 mise in difficoltà questo meccanismo, soprattutto a causa della riduzione congiunturale delle entrate determinata dalla crisi del settore turistico e di quello estrattivo. A parità di misure repressive, l’assistenza ai cittadini cominciò a deteriorarsi: questo giocò una parte determinante nell’esplosione del malcontento che avrebbe condotto alla Rivoluzione dei Gelsomini e alla Primavera Araba nel gennaio 2011.
Dalla caduta del regime, la situazione economica nazionale ha conosciuto un progressivo decadimento. A causa della galoppante inflazione e delle pesanti misure di austerità imposte alla Tunisia dal Fondo Monetario, le cure si sono fatte ancora più care e la qualità delle prestazioni pubbliche è diminuita. Il fenomeno si è accompagnato a un aumento delle diseguaglianze, e a un peggioramento più accentuato nelle zone rurali. Inoltre, essendo la sanità divenuta un lusso, si è rafforzato il fenomeno del ‘’turismo sanitario’’: la Tunisia offre cure paragonabili a quelle europee, e ciò l’ha trasformata nella meta di molti cittadini ricchi, soprattutto africani, che ne beneficiano in cliniche private. In aumento è però anche il fenomeno della fuga di medici e paramedici nel settore privato o verso ospedali dei paesi del Golfo, in grado di offrire stipendi alti, a fronte di quelli pubblici bassi ed esposti all’inflazione. Si stima anche che un farmacista su 10 abbia lasciato il paese dopo il 2010.
La crisi della sanità tunisina ha giocato un ruolo essenziale nella riduzione della qualità della vita: la spesa media delle famiglie a basso reddito per le cure è passata dal 8,5% del 2010 al 9,5% del 2015, mentre nel 2017 il 41,3% dei cittadini si dichiarava insoddisfatto dei servizi di salute di base e il 47,8% di quelli degli ospedali.