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Ci siamo immersi, è tempo di riemergere   versione testuale
3 giugno 2020

«La mia riflessione su questo tempo straordinario, e su quanto ha fatto e farà la Caritas diocesana, si può distinguere in tre diversi momenti». Don Giorgio Borroni è il direttore della Caritas diocesana di Novara. «Come nelle altre parti d’Italia – esordisce – abbiamo cercato, in queste settimane di emergenza Covid-19, insieme alle istituzioni pubbliche e alle associazioni e agli enti del terzo settore, di dare risposte concrete ai bisogni primari di tante persone e di tante famiglie in difficoltà».
Cosa avete incontrato e come avete gestito l’emergenza? «Cerco, sinteticamente, di fare un’analisi di quello che abbiamo vissuto in questi mesi e delle prospettive che si aprono davanti a noi. Lo faccio anche schematicamente in tre punti che corrispondono alle tre fasi che il coronavirus ci ha fatto conoscere». Partiamo dalla prima. «“Immergersi” nell’emergenza. L’ho chiamata così. Al tempo del lockdown, dopo le prime settimane, si sono manifestate le necessità immediate, legate soprattutto ai bisogni alimentari. Abbiamo registrato un aumento notevole della domanda (30-40%). Pur essendo molti centri di ascolto in difficoltà per l’età avanzata di parecchi volontari, quasi tutte le strutture caritative diocesane non si sono fermate, ma hanno trovato modalità di risposte di aiuto a questi bisogni grazie ai volontari più giovani, alla collaborazione con le amministrazioni comunali, con la Croce Rossa, con la Protezione civile e con le altre associazioni presenti nel territorio. È stato un “immergersi” nella vita delle persone e delle famiglie che si sono dimostrate ancor più fragili, impaurite e in difficoltà. È stato uno stare vicino, comprendendo le fatiche di ognuno con empatia, consegnando pacchi viveri e buoni spesa».
Ora siamo in quella che, anche per i decreti governativi e regionali, viene chiamata la “Fase 2”. «Anche io la definisco così, ma con un compito e un obiettivo: sostenere l’emergenza. Con la speranza che si possa superare, o attenuare, la crisi “alimentare” delle famiglie, l’attenzione si sposterà sulla cosiddetta “emergenza abitativa”, che in molti dovranno affrontare. Mi riferisco in particolare al pagamento degli affitti e degli arretrati, delle utenze, al pagamento delle rate dei mutui. Può essere il tempo per pensare ad alcune forme di aiuto rivolte a soggetti conosciuti o intercettati in questi mesi, ma anche di sostegno alle piccole attività lavorative e imprenditoriali del territorio in particolare sofferenza. Un esempio: buoni da distribuire a persone in difficoltà e spendibili presso le attività economiche di piccole dimensioni che stanno ripartendo. Penso proprio a microprogetti finalizzati a non far rimanere indietro le persone, che ridiano speranza e fiducia su entrambi i versanti, quello dei poveri e quello delle piccole attività».
 
Occupazione e credito, percorsi organici
Si tratta di una modalità di welfare generativo e non assistenziale, a cui la Caritas diocesana tiene molto. Ma la riflessione di don Borroni va oltre. Alla terza fase, a quello che potrà succedere nei prossimi mesi. «Emergere dall’emergenza. Dopo il periodo di immersione e di sostegno è, sarà tempo di emergere, o meglio di ri-emergere, per non lasciarci fagocitare dagli aiuti urgenti da fornire alle persone. Sarà un tempo, ci auguriamo, dove dovremo mettere in campo risorse per interventi più strutturati, attraverso un importante discernimento. Non sarà solo sostegno, ma sarà accompagnamento alle persone, per farle ripartire in percorsi più organici. Concretamente penso a due ipotesi di lavoro: il sostegno all’occupazione e il microcredito. Già da oggi dobbiamo immaginare, tenendo presente la peculiarità del nostro territorio, a modalità di intervento, a creazioni di reti e di alleanze per lavorare su queste due macroaree. Il nostro compito sarà certamente facilitato dalla possibilità di leggere una situazione meno incerta e nebulosa e dalla volontà di trovare forme di ripartenza, per ridare dignità e futuro alle persone secondo le loro aspirazioni e capacità».
Una visione di medio periodo. Segno di una presenza che supera l’emergenza e che guarda a prospettive generative, che si possano consolidare nel tempo. Testimonianza di quella intenzione pedagogica e di quella promozione della persona che sono il cuore delle attività Caritas in tutto il paese.
 
Stefano Lampertico