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Sintesi Rapporto 2014 Obiettivi del Millennio   versione testuale

Sintesi sui progressi raggiunti al 2013 per ciascuno degli 8 Obiettivi del Millennio                                                                                                                              

la lotta alla povertà estrema, che registra una riduzione della percentuale di persone che vivono con meno di 1,25 $, passa da 1,9 milioni di persone, nel 1990, a 1,2 milioni nel 2010. La maggior parte di queste persone vive in due regioni : Asia del sud ed Africa sub-Sahariana che, molto probabilmente, a differenza di Asia orientale e sud-orientale che dimezzano la percentuale, non raggiungerranno l’obiettivo entro il 2015. Oltre a questi paesi molto popolosi, un ‘alta percentuale di estrema povertà si riscontra in piccoli, fragili paesi colpiti da conflitti.  La lotta alla fame, pur registrando una  percentuale decrescente che passa dal 23.6%, nel 1990-1992, al 14.3%, nel 2011- 2013 con 173 milioni in meno di persone soffrono la fame, segnalando che un bambino su cinque è sottosviluppato, richiede maggiori sforzi soprattutto nei paesi che mostrano piccoli progressi in particolare  Africa sub-Sahariana, Asia del sud ed Oceania.

 L’educazione primaria universale  registra, tra il 2000 e il 2010 un significativo progresso che con un aumento di 7 punti percentuali passa dal 83% al 90%. Recenti analisi dimostrano che conflitti, povertà, disabilità e genere sono fattori negativi che determinano disparità. Si stima, infatti che il 50% dei bambini che non frequenta la scuola primaria vive in aree colpite da conflitti e, rappresenta il 22% della popolazione mondiale in età scolare di cui  il 44% risiede in Africa sub-Sahariana, il 19% in Asia del sud, il 14% in Asia dell’est ed Africa del nord. 

Il sostegno alla parità ed alla dignità della donna che si realizza quando l’indice di parità di genere, definito dalla percentuale di ragazze iscritte divisa per la corrispondente dei ragazzi, si colloca tra 0.97 e 1.03, mostra un importante progresso in tutte le aree in via di sviluppo. Africa sub-Sahariana, Oceania, Asia occidentale ed Africa del nord, pur manifestando un continuo svantaggio ai danni delle ragazze, conseguono, negli ultimi 20 anni un significativo progresso. La disparità è maggiore nell’accesso all’istruzione secondaria rispetto a quella primaria che, in Caucaso, Asia centrale, Africa del nord, Asia sud-orientale ed Asia orientale, raggiunge la parità. Africa sub-Sahariana, Oceania, Asia occidendentale ed Asia merdionale mantengono una percentuale di iscrizione femminile significativamente più bassa rispetto a quella maschile. L’istruzione universitaria che, notevolmente migliorata negli ultimi anni, rileva ancora forti disparità in Africa sub-Sahariana ed Asia del sud, dimostra un più alta percentuale di giovani donne rispetto agli uomini, in Caucaso, Asia centrale, Asia dell’est, Amarica Latina e Caraibi, Africa del nord e Asia sub-orientale.

La riduzione della mortalità infantile è notevolmente diminuita, negli ultimi venti anni, in tutte le regioni ad eccezione di Africa sub-Sahariana e Oceania, Caucaso ed Asia del sud. Le cause, malnutrizione e malattie infettive sono maggiormarmente concentrate nei paesi con un basso reddito nazionale e diffuse tra le persone povere. La percentuale di riduzione che, dal 1.2%, tra il 1990 ed il 1995, passa al 3.9%, tra il 2005 ed il 2012, per raggiungere l’obiettivo dei due terzi, dovrebbe quadruplicarsi tra il 2013 e il 2015. Incorraggiante anche il tasso di mortalità neonatale che, tra il 1990 e il 2012, si riduce di un terzo passando da 33 a 21 morti ogni 100 nascite. Ridurre ulteriormente la percentuale è possibile attraverso maggiori investimenti nell’assistenza materna soprattutto nelle prime 24 ore dalla nascita. Il divario significativamente negativo riguarda l’Africa sub-Sahariana che è la regione con la percentuale di mortalità infantile più alta al mondo, 16 volte maggiore rispetto alla media dei paesi sviluppati e, dove mortalità neonetale e infantile sono destinate ad aumentare nei prossimi venti anni. 

Il miglioramento della salute materna che, tra il 1990 e il 2013, passando da 380 a 210 morti materne ogni 100,00 parti, scende al 45%, registra, nel 2013, 289,000 morti al termine della gestazione, determinate dalla gravidanza o dalla sua gestione e rimane lontana dall’obiettivo di riduzione di tre quarti. Nonostante i progressi in tutte le regioni del mondo, nel 2013, nei paesi in via di sviluppo, si assiste a 230 morti materne ogni 100,000 nascite. L’africa sub-Sahariana che, con 510 morti su 100,000, deteniene la percentuae più alta è seguita da Asia del sud, Oceania e Caraibi che registrano 190 morti. Un divario  particolarmente estremo esiste tra alcuni paesi quali Sierra Leone che registra 1,100 morti  materne ogni 100,00 parti e la Bielorussa con solo una.  

La lotta all’AIDS, malaria e altre malattie infattive registra, globalmente, un declino del numero di contagio per ogni 100 adulti (tra i 15 e i 49 anni di età) pari al 44% tra il 2011 e il 2012. L’Africa del sud e l’Africa centrale rappresentano le due regione che, nonostante un intenso declino, rispettivamente, del 48 e del 54%, registrano un’alta incidenza di contagio.L’Africa sub-Sahariana rappresenta la regione dove, nel 2012, il numero stimato di nuove casi di infezione  raggiunge il 70%, pari a 1.6 milioni. Compartamenti a rischio e conoscenza insufficiente sono i fattori che mantegono alto il levello della malattia allontanando il raggiungimento dell’obiettivo di ridurre del 95% i casi di contagio stabilito nella Sessione Speciale della Assemblea Generale delle Nazioni Unite su HIV e AIDS nel 2011. Di converso l’aumento della percentuale di persone che accedono alla terapia antiretrovirale raggiunge 9.5 miloni di malati nelle regioni in via di sviluppo e fa intarvedere la possibilità di estenderne la cura a 15 milioni, obiettivo da raggiungere entro il 2015. Un ulteriore dato positivo è il declino dell’espansione della malaria che raggiunge, globalmente, una percentuale pari al 42%. Nonostante ciò il dato che registra, nel 2012, 207 milioni di casi nel mondo e 627,000 morti (il 40% del tasso di mortalità è presente nella Repubblica Democratica del Congo e in Nigeria) di cui l’80% costituito da bambini al di sotto dei cinque anni di età, impone, oltre ad interventi di controllo ed a distribuzione di zanzariere trattate con insetticida, maggiori e sostanziali impegni politici a livello nazionale ed internazionale.

La conservazione della sostenibilità ambientale che rischia di essere compromessa dalla deforestazione a livello globale che, tra il 2000 e il 2010 distrugge 13 milioni di ettari di foresta, dall’aumento dell’emissione di ossido di carbonio (CO2), dal consumo globale di gas serra che riducono l’ozono (ODS), richiede, a seguito di negozazioni in corso, nel quadro della Convenzione sul Cambiamento Climatico, la redazione di “un protocollo, uno strumento legale o un accordo con forza legale che sia applicabile a tutte le parti” da concludere in occasione della Conferenza sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite che si terrà a Parigi in dicembre 2015.

 Lo sviluppo di una partnership globale per lo sviluppo è definito un’esoratazione, nei confronti dei paesi sviluppati, a fornire, a quelli in via di sviluppo, un maggiore supporto che consenta di realizzare l’obiettivo numero uno attraverso gli altri sette. Esso, secondo il rapporto, “The State of the Global Partnership for Development” presentato in settembre 2014, da Millennium Develepoment Task Force, è ostacolato dal persistente divario tra promesse e rispettive concretizzazioni, da parte dei paesi sviluppati, che non consente il raggiungimento di maggiori progressi. L’inte-ragenzia creata, nel 2007, dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, per monitorare sugli sviluppi del presente obiettivo, relaziona attraverso la disamina e l’integrazione circa i seguenti sub-obiettivi: 

gli aiuti di stato allo sviluppo che nonostante raggiungono, dopo due anni di declino, un record di 135 milioni di dollari, registrano un vuoto di impegni pari a 180 milioni di dollari. Molti paesi, nel 2013, raggiungono il target previsto dalle Nazioni Unite, assegnado lo 0,7% del prodotto interno lordo all’assistenza ai paesi in via di sviluppo. Alcuni, quali Danimarca, Lussemburgo, Norvegia, Svizzera, Regno Unito lo superano e, altri tra cui Austria, Finlandia, Germania, Islanda, Italia, Polonia, Slovenia e Stati Uniti aumentano il budget senza raggiungerlo.

L’accesso al mercato registra notevoli cambiamenti quali espansasione delle rete di intermediari, aumento di opportunità di esportazione, da parte dei paesi in via di sviluppo. Questi, accompagnati da misure di controllo dell’impatto negativo, causato dall’incertezza delle tariffe, consentirebbero di innalzzare le possibilità di partecipazione dei paesi in via di sviluppo all’economia globale. 

Il debito sostenibile dei paesi in via di sviluppo, attraverso il miglioramento della bilancia fiscale e la diminuizione del debito esterno che rappresenta il 22.6 % del prodotto interno lordo, diviene un obiettivo sempre più reale. Il dato estremamente positivo che, a giugno 2014, vede 35 su 39 paesi fortemente indebitati, terminare il processo di assistenza (HIPC), comparato a quello che registra molti piccoli paesi  esclusi dal programma e, con un elevato livello di debito, solleva parrecchie preoccupazioni.

L’accesso limitato alle medicine essenziali, determinato da prezzo elevato e da  disponibilità scarsa risulta ancora insufficiente nei paesi in via di sviluppo. Nel 2013, il prezzo dei farmaci generici rimane alto soprattutto per i paesi con basso e medio-basso reddito la disponibilità è pari al 55% nelle strutture pubbliche e al 66% nel settore privato.

L’uso della tecnologia, soprattutto del telefono cellulare ed internet, continua a crescere velocemente e raggiungerà, alla fine del 2014, un numero di abbonati di telefoni cellullari pari al 78% del totale mondiale. Analogamente anche l’uso di  internet, nonostante ancora più di quattro milioni di persone nei paesi in via di sviluppo non hanno accesso, cresce più rapidamente che nei paesi sviluppati. I dati suddetti, tuttavia, non permettono di superare il gap persistente tra i due infatti l’espansione della banda larga, alla fine del 2014, nei paesi industrializzati dovrebbe raggiungere una percentuale pari al 84% mentre nei secondi eccedere a malapena il 21%.