26 Aprile 2025

Papa Francesco. Il saluto dei primi e l’accoglienza degli ultimi

Il mondo in piazza San Pietro a dire grazie. E a riflettere

È il giorno del funerale di papa Francesco. Fin dalle prime ore del mattino piazza San Pietro si riempie di coloro che, ognuno con la sua storia, hanno voluto essere presenti.

Parole e storie in una bara

La sera di venerdì la bara, che ora viene portata in piazza, è stata chiusa. All’interno un documento, il “Rogito”, fa il riepilogo di una vita intensa e spesa fino all’ultimo nel servizio.

Alcuni stralci e qui il testo completo:

“Fu un pastore semplice e molto amato nella sua Arcidiocesi, che girava in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus. Abitava in un appartamento e si preparava la cena da solo, perché si sentiva uno della gente. Dai Cardinali riuniti in Conclave dopo la rinuncia di Benedetto XVI fu eletto Papa il 13 marzo 2013 e prese il nome di Francesco, perché sull’esempio del santo di Assisi volle avere a cuore innanzitutto i più poveri del mondo”.

Foto: Vatican Media

“Il 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, iniziò ufficialmente il suo ministero Petrino. Sempre attento agli ultimi e agli scartati dalla società, Francesco appena eletto scelse di abitare nella Domus Sanctae Marthae, perché non poteva fare a meno del contatto con le persone, e sin dal primo Giovedì Santo volle celebrare la Messa in Cena Domini fuori dal Vaticano, recandosi ogni volta nelle carceri, in centri di accoglienza per i disabili o tossicodipendenti. Ai sacerdoti raccomandava di essere sempre pronti ad amministrare il sacramento della misericordia, ad avere il coraggio di uscire dalle sacrestie per andare in cerca della pecorella smarrita e di tenere aperte le porte della chiesa per accogliere quanti desiderosi dell’incontro con il Volto di Dio Padre”.

“Ha esercitato il ministero Petrino con instancabile dedizione a favore del dialogo con i musulmani e con i rappresentanti delle altre religioni”.

“Più volte la sua voce si è levata in difesa degli innocenti. Alla diffusione della pandemia da Covid-19, la sera del 27 marzo 2020 volle pregare da solo in piazza San Pietro, il cui colonnato simbolicamente abbracciava Roma e il mondo, per l’umanità impaurita e piagata dal morbo sconosciuto”.

“Gli ultimi anni di pontificato sono stati costellati da numerosi appelli per la pace, contro la Terza guerra mondiale a pezzi in atto in vari Paesi, soprattutto in Ucraina, come pure in Palestina, Israele, Libano e Myanmar”.

Parole chiare ai grandi della terra

I protagonisti di quella vita descritta in poche frasi sono tutti qui, in piazza san Pietro, o lo attendono a Santa Maria Maggiore, il luogo della tumulazione.

Sono i poveri, i vulnerabili, le vittime della cultura dello scarto e della globalizzazione dell’indifferenza, per usare espressioni care a papa Francesco. Ci sono  i rappresentanti delle tradizioni religiose, compagni di strada e di dialogo della chiesa di Francesco nella riflessione su guerra e pace, sui cambiamenti climatici a cui dare un freno, sull’economia che uccide.

Ci sono anche i grandi della terra, in piazza, ma sono come delle comparse un po’ disorientate di un film del quale, oggi come in passato, non sono i protagonisti. Nella visione di Francesco – che è quella del vangelo – gli ultimi sono i primi e i primi gli ultimi.

Nella sua coraggiosa omelia il decano del collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re, ha detto tra l’altro:

“Filo conduttore della sua missione è stata la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte. Ha più volte fatto ricorso all’immagine della Chiesa come “ospedale da campo” dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti; una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite”.

Di fronte ai costruttori di muri, il cardinale Re alza la voce: Costruire ponti e non muri!

E ancora:

“Ricco di calore umano e profondamente sensibile ai drammi odierni, papa Francesco ha realmente condiviso le ansie, le sofferenze e le speranze del nostro tempo della globalizzazione”.

Qui sentiamo tutta l’eco del concilio Vaticano II. La vita di papa Francesco ne è stata un’interpretazione autentica.

Dai poveri una rosa bianca

Ad accogliere il papa che sognava una chiesa povera per i poveri ci sono loro: i poveri.

Foto: Caritas Roma

Una quarantina di persone, sul sagrato della basilica di Santa Maria maggiore, ognuno con una rosa bianca che poi quattro bambini deporranno ai piedi dell’immagine di Maria. Sono persone senza dimora, persone detenute, persone migranti. Persone. Alcuni di loro sono ospiti dei centri di accoglienza della Caritas diocesana di Roma e delle parrocchie cittadine. Fanno corona intorno alla bara.

I primi hanno salutato Francesco, gli ultimi lo hanno accolto.

 

Aggiornato il 30 Aprile 2025