
C’è un filo sottile che attraversa le colline dell’Ucraina occidentale. Non lo si vede subito, ma basta restare in silenzio un momento, sedersi accanto a una madre che racconta, guardare le mani pazienti di un educatore mentre impasta la farina con i suoi ragazzi. È il filo della cura, della dignità, della speranza. È anche il filo di SPEEDY, progetto promosso da Caritas Ucraina con il supporto di Caritas Italiana, per promuovere l’inclusione delle persone con disabilità e il rafforzamento del tessuto civile nei territori feriti da anni di violenze.
Dal 7 al 10 aprile 2025, una missione di monitoraggio ha toccato le città e le Caritas ucraine di Ivano-Frankivsk, Ternopil, Stryi e Drohobych. Non solo una verifica tecnica. Ma un viaggio d’ascolto. Per vedere da vicino le attività finanziate, incontrare i protagonisti e lasciarsi interrogare dai tanti bisogni che attraversano il Paese, oggi più che mai segnato dalla guerra.
Il progetto, con un budget di 1,2 milioni di euro (di cui 400.000 sostenuti da Caritas Italiana), è entrato nel vivo: centri di inclusione per persone con disabilità gestiti da équipe multidisciplinari; una scuola di imprenditoria sociale per organizzazioni della società civile (OSC); attività di advocacy per rafforzare diritti, rappresentanza e dialogo con le autorità.
Nelle stanze luminose dei centri, bambini e adulti partecipano a laboratori di cucina, artigianato, comunicazione. Non sono solo “servizi”, ma spazi di relazione, dove si costruiscono percorsi individuali, fatti di ascolto, fiducia e continuità.
Non sono solo “servizi”, ma spazi di relazione, dove si costruiscono percorsi individuali, fatti di ascolto, fiducia e continuità.
Il riscontro raccolto è fortemente positivo. Operatori motivati, beneficiari coinvolti, famiglie riconoscenti. Ma la missione ha anche portato alla luce ferite profonde. In Ucraina, i servizi pubblici per la disabilità sono scarsi, spesso assenti. Le famiglie – soprattutto le donne – si trovano sole, caricate di un’assistenza continua e logorante. Gli aiuti statali non bastano. E lo stigma pesa come un macigno. Discriminazioni e stereotipi restano profondamente radicati, l’inclusione è ancora un orizzonte lontano.
Per questo SPEEDY ha scelto di non fermarsi ai centri, ma di investire su rete, formazione e consapevolezza. La Scuola di Imprenditoria Sociale, in particolare, offre alle OSC locali competenze per immaginare progetti sostenibili, rafforzando un tessuto civile spesso vulnerabile ma capace di grande generosità. Cresce anche il lavoro di advocacy, con gruppi tematici e incontri pubblici: perché non basta assistere, serve cambiare. Cambiare mentalità, politiche, narrazioni. Ed è un cammino faticoso quello del cambiamento, capace però di spargere nelle terre più fragili, come quelle dell’Ucraina, semi piccoli, ma ostinati. Come la speranza.
Aggiornato il 16 Aprile 2025