22 Ottobre 2025

Graziella Fumagalli, 30 anni dopo: l’impegno che continua. L’incontro promosso da Caritas

 

Il 22 ottobre 1995, a Merca, in Somalia, veniva uccisa Graziella Fumagalli, medico volontario di Caritas Italiana. Coordinava il centro antitubercolosi della città, unico presidio sanitario del genere in un paese devastato dalla guerra civile. A trent’anni da quell’omicidio, rimasto impunito, Caritas Italiana le dedica l’incontro pubblico “Somalia: fragilità e resistenza”, trasmesso oggi in diretta streaming. Un’occasione non solo per rinnovarne la memoria, ma anche per riflettere sulla complessa situazione somala, tra crisi croniche, cambiamenti climatici, instabilità politica e semi di rinascita.

«La speranza ha bisogno di tentativi, di spazio. L’alternativa al provarci è il non esserci. E nel luogo dove la vita sembra non valere nulla, è importante continuare a testimoniare che ogni vita conta».

Così ha detto Stefano Comand, responsabile del Centro Missionario di Udine, all’epoca dell’omicidio responsabile della logistica per Caritas Italiana in Somalia. Il suo ricordo di Graziella è vivido. «Graziella era trasparente. Il suo parlare era diretto fatto di sì e di no. Non aveva filtri. Aveva un sorriso vero, mai di facciata. Quello che mi aveva colpito da subito era la sua semplicità. Aveva tanto da dire e lo faceva vedere nei fatti e in parole trasparenti. Riusciva a ridare serenità».

La Somalia oggi: tra emergenze e risorse

Nel corso dell’incontro è emersa una fotografia dura ma non priva di segni di speranza. Sara Ben Rached, direttrice di Caritas Somalia, ha tracciato il quadro umanitario:

«Inondazioni e siccità si alternano senza tregua. Oggi 4 milioni di persone sono in stato di insicurezza alimentare, di cui 1,8 milioni bambini affetti da malnutrizione acuta. La crisi climatica ha colpito in modo devastante 2,5 milioni di persone in 26 distretti, in particolare agricoltori, pastori e sfollati interni».

La scarsità di fondi internazionali ha portato alla chiusura di cliniche, alla mancanza di medicinali e servizi essenziali. Eppure, in questo scenario, si registra la tenacia della società civile e soprattutto delle donne.

Maryan Ismail Mohamed, antropologa somala, ha offerto una prospettiva di resistenza quotidiana:

«Le donne sono il vero motore del paese. Gestiscono il 70% dell’economia, sono coinvolte nella gestione dell’acqua, nei piccoli processi di pace. Sono loro a trasmettere la cultura, a fare impresa, a raccontare la realtà con un giornalismo d’avanguardia. E sono riuscite a cambiare le cose: la pratica delle mutilazioni genitali femminili è passata dal 98% all’8%. Le donne hanno detto basta».

Nonostante l’avanzata del fondamentalismo, il ruolo delle donne somale non è stato cancellato. «Dopo l’ondata dell’hijab nero, oggi si torna a comunicare emancipazione con i colori tradizionali. Il welfare e la cultura sono in mano alle donne, anche se mancano cinema, teatri, scuole: la cultura si fa nei caffè, con libri e poesia».

Le rimesse degli emigrati restano un pilastro. Interi porti, come quello del Puntland, sono stati costruiti grazie a questi fondi, dando impulso a uno sviluppo locale che guarda con interesse persino alla Cina.

“L’essenzialità” di una memoria viva

Nel corso della tavola rotonda, padre Giorgio Bertin, vescovo emerito di Gibuti e Mogadiscio, e don Antonio Cecconi, ex direttore di Caritas Italiana, hanno ricordato gli ultimi giorni di Graziella. Il sospetto che potesse esserci un rischio imminente, la sua scelta di non condividerlo, il suo desiderio di “essere piccola, nascosta”, come Charles de Foucauld.

«Graziella veniva chiamata “madame no” per la sua intransigenza ai favoritismi. Aveva scelto di restare, anche quando la situazione era diventata pericolosa» racconta padre Giorgio evidenziando il coraggio e la coerenza di Graziella e di altre figure straordinarie, come Ilaria Alpi, Annalena Tonelli, padre Pietro Turati. Tutti uccisi in Somalia nell’arco di pochi anni, accomunati da un’unica, silenziosa missione: servire i poveri e cercare la verità.

«Una volta le chiesero: non hai paura? E lei rispose: cosa possono farci? Al massimo, ci ammazzano» questo uno dei ricordi di don Antonio Cecconi

A chiudere l’incontro è stato Francesco Sironi, giovane di Casatenovo che insieme ad altri conterranei continua a tenere viva la memoria di Graziella:

«Non è Casatenovo che ha tenuto viva la memoria di Graziella, ma è lei che ha tenuto viva Casatenovo. La sua eredità si esprime con una parola: essenzialità. Non come semplificazione, ma come valore profondo dell’essere. In un’epoca dominata dalla comunicazione a tutti i costi, questa eredità è quanto mai attuale».

 

Aggiornato il 22 Ottobre 2025