Mentre la guerra in Sudan continua a produrre una delle più gravi crisi umanitarie al mondo, Caritas Italiana prosegue il proprio impegno accanto alla popolazione civile, con interventi mirati alla sopravvivenza, alla dignità e alla protezione delle persone più vulnerabili.
Le azioni sostenute riguardano aiuti economici per l’acquisto di beni essenziali, interventi per l’accesso ad acqua e igiene e servizi multisettoriali di contrasto alla violenza di genere nei siti di accoglienza per sfollati. Gli interventi sono attivi in diverse aree del Sudan – tra cui North Darfur, Gedaref, White Nile, North Kordofan, River Nile e Khartoum – e nei Paesi che ospitano rifugiati sudanesi, in particolare Sud Sudan, Ciad ed Egitto.
In Sudan, oltre 108.000 persone hanno beneficiato di interventi su acqua e igiene nei campi di sfollati, attraverso l’estensione dei sistemi idrici, la riabilitazione dei punti d’acqua e la distribuzione di kit igienici. Particolare attenzione è rivolta alla protezione di donne e bambini: più di 7.000 donne sfollate hanno ricevuto supporto psicosociale negli spazi sicuri, oltre 1.000 hanno partecipato a percorsi di formazione professionale e più di 15.000 persone sono state coinvolte in attività di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Inoltre, 3.285 famiglie hanno ricevuto trasferimenti monetari per far fronte ai bisogni essenziali, mentre l’installazione di 45 lampioni solari nei campi ha migliorato la sicurezza e ridotto i rischi di violenza notturna.
La dichiarazione dei vescovi del Sudan e del Sud Sudan
In questo contesto drammatico, cresce anche la voce delle Chiese locali. Il 13 novembre 2025 la Conferenza Episcopale del Sudan e del Sud Sudan ha lanciato un forte appello ai leader politici, denunciando violenze, cattivo governo e strumentalizzazione delle differenze etniche e tribali, e chiedendo con forza il ritorno al dialogo come unica via per costruire la pace.
L’appello delle organizzazioni italiane
Alcune realtà impegnate per la pace e il rispetto dei diritti umani* lanciano un appello urgente di fronte al rapido deteriorarsi della situazione in Sudan, dove dall’aprile 2023 la guerra ha causato almeno 150.000 morti e 12 milioni di persone sfollate. Le Nazioni Unite hanno definito il conflitto “la peggiore crisi umanitaria del mondo”, in un contesto che continua a peggiorare di fronte a nuove ondate di violenza. Nonostante molteplici dichiarazioni di cessate il fuoco, i combattimenti si sono via via intensificati attraverso attacchi indiscriminati e diretti contro la popolazione civile, compresi bombardamenti su mercati, campi per sfollati, ospedali e abitazioni private. Le parti in conflitto hanno utilizzato armi esplosive ad ampio raggio in aree densamente popolate: molte persone sono state uccise nelle proprie abitazioni, oppure mentre cercavano cibo e beni di prima necessità.
La popolazione civile sotto attacco
Tra gli episodi più gravi delle ultime settimane, le organizzazioni ricordano l’attacco con droni del 4 dicembre contro un ospedale e un asilo a Kalogi, in cui sono morte 114 persone, tra cui 63 bambini. Secondo quanto riferito dall’Organizzazione mondiale della sanità, Unione africana e Nazioni Unite, in Sudan si registrano rapimenti, violenze sessuali, detenzioni arbitrarie e reclutamento di minori, in un quadro di escalation che rischia di sfociare in ulteriore violenza e devastazione.
Le associazioni ricordano inoltre che il 5 novembre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato alla Camera dei deputati lo stanziamento di oltre 125 milioni di euro per affrontare la crisi sudanese e l’invio “al più presto” di aiuti alimentari destinati a 2500 bambini attraverso la parrocchia del Sacro Cuore di padre Pious Anyaja a Port Sudan, i missionari comboniani e le suore di Madre Teresa, insieme a un secondo carico via nave per migliaia di persone sfollate.. È essenziale che l’assistenza umanitaria arrivi con rapidità nelle zone controllate da entrambe le parti in conflitto, in particolare nelle regioni del Darfur e del Kordofan tra le più colpite dagli scontri.
Responsabilità internazionali e contraddizioni politiche
Numerose indagini indipendenti, condotte dalle Nazioni Unite, media internazionali e organizzazioni non governative, documentano il sostegno degli Emirati Arabi Uniti alle Forze di supporto rapido (Fsr), responsabili di attacchi contro civili, infrastrutture mediche e convogli umanitari, nonché dell’uso della fame come arma di guerra. Nonostante questo, l’Italia continua ad autorizzare esportazioni militari verso gli Emirati Arabi Uniti, generando una contraddizione tra la volontà dichiarata di sostenere l’assistenza umanitaria e i processi diplomatici e la prosecuzione di rapporti militari con attori coinvolti nel conflitto.
Le richieste al governo italiano
Per queste ragioni le organizzazioni firmatarie chiedono al governo italiano di intervenire con misure immediate e concrete:
- sospendere tutte le esportazioni militari verso gli Emirati arabi uniti e altri Paesi coinvolti nel conflitto;
- revocare le autorizzazioni già concesse che possano agevolare triangolazioni verso il Sudan;
- promuovere iniziative diplomatiche urgenti in sede europea e internazionale per aprire corridoi umanitari e avviare un negoziato multilaterale credibile e che coinvolga anche la società civile sudanese impegnata nella promozione della pace e nella risposta umanitaria;
- garantire la consegna reale e tempestiva degli aiuti umanitari annunciati, con l’impegno di metterne a disposizione altri, dando priorità alle regioni del Darfur e nelle aree a maggiore rischio di carestia; garantire l’erogazione dei fondi promessi e promuovere l’aumento dei fondi in sede europea e internazionale per il Piano di Risposta Umanitaria delle Nazioni Unite ad oggi ampiamente sottofinanziato.
Le associazioni rivolgono infine un invito agli organi di stampa italiani affinché possano contribuire a riportare l’attenzione sulla crisi sudanese. Un’informazione accurata e continuativa è fondamentale per dare visibilità alla popolazione che affronta questa tragedia, far emergere le responsabilità politiche e internazionali e sostenere la mobilitazione necessaria per proteggere la popolazione civile. Raccontare ciò che accade in Sudan è un passo essenziale per rompere il silenzio che circonda una crisi devastante e promuovere azioni concrete a tutela di chi rischia la vita ogni giorno.
*ACLI
Amnesty International Italia
ANPI
AOI
ARCI
Baobab experience
Caritas italiana
COMITATO INTERNAZIONALE PER LA PACE IN SUDAN
Comunità Sant’Egidio
Comunità sudanese in Italia
Economia Disarmata – Movimento dei Focolari Italia
Emergency
FOCSIV
Fondazione Nigrizia ONLUS
Medici senza frontiere
Missionari comboniani in Italia
Rete italiana pace e disarmo
Un Ponte Per
Aggiornato il 22 Dicembre 2025
